A modern family: il vizietto in famiglia

Siamo nel XXI secolo e il concetto di omosessualità, nella società, nella cultura e in ogni tipo di argomento che si affronti, si è molto uniformato, rientrando, quindi, nei ranghi di qualsiasi diritto sociale attuale, come anche il discorso delle coppie di fatto.

Ovviamente, il cinema cavalca l’onda del momento, regalandoci titoli che affrontino tali argomenti col giusto piglio, magari il più delle volte senza disdegnare ironia. Uno di questi è A modern family, piccola commedia che ha per protagonisti due innamorati gay interpretati dall’inglese Steve Coogan e dall’americano Paul Rudd. Due diversi tipi di comicità, quindi, che si confrontano in questo film che si prende la briga di parlare del nuovo concetto di unione familiare.

Diretto dal veterano Andrew Fleming (regista di pellicole come il thriller Vivere nel terrore, il generazionale Amici per gioco, amici per sesso e l’horror Giovani streghe), vede i due attori nei panni di Erasmus e Paul, persone che lavorano nel mondo dello spettacolo e che sono legate sentimentalmente da almeno dieci anni, tra alti e bassi, con battibecchi vari e ripicche emotive.

Un giorno, però, irrompe nella loro casa il piccolo Bill (Jack Gore), ragazzino che dice di essere il nipote di Erasmus; infatti, il figlio di quest’ultimo, lo scapestrato Beau (Jake McDorman) avuto da una passata relazione etero, finisce per l’ennesima volta in prigione, spingendo di conseguenza Bill a trovare rifugio nella casa del nonno.

Ovviamente, Erasmus e Paul non sono pronti a questo passo e prendersi cura del ragazzino si rivelera missione assai ardua, salvo poi scoprire una personale vena affettiva che potrebbe congiungerli come una comune famiglia.

Fa sempre bene affrontare determinate tematiche nel cinema di oggi, come è sempre ben accetto ricamarci sopra una trama che possa anche far ridere su argomentazioni sentite, tra cui, appunto, quella delle famiglie di fatto nate da coppie omosessuali; ma ciò in cui sbaglia A modern family risiede proprio nel prendersi questa forte responsabilità per poi non trarne un qualcosa di incisivo, di graffiante.

Nell’opera di Fleming, regista forse portato più per un genere meno ironico, ogni cosa si riduce ad essere sfondo dei vari duetti divertenti di Coogan e Rudd, i quali sembrano anche sentirsi molto a loro agio nei panni di un bisticciosa coppia omosessuale, senza che il ridicolo prevalga sulla caratterizzazione dei loro personaggi. Un aspetto positivo, quest’ultimo, ma il resto del discorso che rimane a se stante, lasciando in secondo piano anche l’importanza del Bill di Gore nel contesto.

C’è la voglia di parlare di “famiglia moderna” qui, ma non si arriva a fondo per poterne approfondire gli intenti; ci sono l’ironia e la caratterizzazione di due protagonisti adeguati, ma non si fanno pedine di un’operazione fatta su misura per loro; infine c’è anche l’intenzione di buttarla nel melò, ma arriva troppo tardi.

A modern family è un prodotto che guarda all’attualità con fare superficiale e un po’ distaccato, regalando due risate stiracchiate e a denti stretti, ma senza riuscire nell’impresa di descrivere perfettamente  cosa significhi, al giorno d’oggi, essere parte di un nucleo familiare cosiddetto moderno.

Tutto ciò avrebbe meritato un degno  e miglior approfondimento, soprattutto tra una battuta graffiante  e l’altra.

 

 

Mirko Lomuscio