A TEATRO CON FILIPPO MAMMI: “PATRES”

Siamo arrivati alla penultima serata della stagione di prosa “Rivelazioni” al Politeama Siracusa di Reggio Calabria, organizzata dalla fondazione messinese “Horcynus Orca”. Sabato 17 maggio è stato il turno del dramma Patres di Saverio Tavano, diretto da Dario Natale e dallo stesso Tavano, nonché prodotto dalla compagnia lametina “Scenari visibili”.
E si torna ad un altro tormentato rapporto padre/figlio, anzi sembra che lo spettacolo si ricolleghi per affinità e tematiche a Spingi e respira, andato in scena al Siracusa, per la regia di Lorenzo Praticò e Gaetano Tramontana, lo scorso aprile.
Questa volta, però, cambia la formula; non più un monologo, ma una scena a due, non più la scoperta finale di un sincero amore paterno, ma di un retroscena orribilmente squallido, con una piccola riflessione sui danni morali e sociali inferti dalla criminalità in Calabria.
Una scoperta che suona come una presa in giro, sottolineata dalla scena iniziale con il povero protagonista, interpretato (ottimamente) dal giovane Gianluca Ventromilo, in mezzo a panni stesi, una sedia e dei secchi; lo spettatore non sa dove si trovi il ragazzo, se su una terrazza di un condominio oppure in un giardino, ma questo dettaglio viene volutamente lasciato in sospeso e poi abbandonato. La scena stessa si illumina gradualmente sul giovane che appare letteralmente dalle tenebre in un’atmosfera suggestiva, ma subito dopo inizia a fantasticare apparentemente senza senso, rompendo la possibile tragicità che poteva scaturire. Il protagonista ha un piede legato ad una corda che termina sul soffitto, un cordone ombelicale che sembra una catena da lavori forzati. E’ perso in chissà quali ricordi che lo inchiodano al suolo e immagina su ogni suono che sente (il mare o gli aerei che atterrano nel vicino aeroporto), raccontando delle storie strampalate, ed i rumori diventano l’ “altro” protagonista del dramma.
A poco a poco, riaffiorano i ricordi del padre, forse morto forse scappato via, che viene come sostituito dal mare nei racconti del ragazzo, una specie di proiezione mentale che, nella seconda parte, torna ad essere il padre vivo e vegeto, tornato da un rimosso impossibile da cancellare. Essendo il giovane protagonista visibilmente ritardato, non sapremo mai se il padre sia davvero tornato da lui o se sia un’ennesima allucinazione (anche se nel finale scopriremo tutto). Con il padre in scena, il ragazzo si lancia in un balletto indiavolato in cui padre e figlio raccolgono i panni lasciando nuda la scena, accompagnati da musichette volutamente ridicole e dall’evocativa (per la storia narrata) Storia d’amore di Adriano Celentano. Ma che sia o no un sogno, la figura paterna è dualistica come lo era la scenografia: intuiamo un padre autoritario, persino troppo duro verso un figlio così limitato, ma che nei suoi maltrattamenti cerca di impartirgli delle lezioni di vita, come sarebbe potuto essere; lo istruisce sul suo vecchio lavoro di pescatore ed anche sulle esperienze sessuali, come nell’esilarante scena dei due alle prese con una prosperosa bambola gonfiabile.


Ma paradossalmente, proprio le disquisizioni sul sesso fanno emergere la verità più agghiacciante: il padre non è morto, è scappato in un posto pieno di donne belle e disponibili (Santo Domingo). Al figlio non resta altro che legare di nuovo il suo piede alla corda e rifiutare anche solo il concetto di donna. A seguire, la sorpresa finale che lascia l’amaro in bocca e fa riferimento al recente scandalo delle navi dei veleni lasciate affondare, con i loro pericolosissimi carichi di morte, in fondo al Tirreno calabrese e di cui il padre del protagonista era stato un complice costretto alla latitanza e all’indifferenza verso il figlio ritardato. Al giovane rimarrà l’acre consolazione di sognare altre storie guardando il mare e ascoltando gli aerei. Nel citare implicitamente l’Odissea omerica (il padre disperso da anni, il figlio in vana attesa, un cane che si chiama Argo) Tavano riflette su un’epoca con i padri assenti, che lasciano i figli allo sbaraglio senza più delle coordinate sicure da seguire e i figli stessi bramosi di affetto e di essere guidati. Il suo genitore, interpretato dal bravo Natale, diventa così un’idea di padre ormai sempre più blanda che andrebbe reinventata e non sognata come era una volta.
Ne approfitto per ricordare l’ultimo appuntamento della stagione “Rivelazioni”: Il mare in tasca, di e con Cesar Brie, sabato 24 maggio. Ore 21, Politeama Siracusa, Reggio Calabria.

Filippo Mammì