Addio a Giuseppe Ferrara, regista d’impegno civile, da “Il caso Moro” a “Giovanni Falcone”

Il cinema italiano perde uno dei suoi cineasti più impegnati e discussi. Si è spento infatti il regista Giuseppe Ferrara, che il prossimo 15 luglio avrebbe compiuto 84 anni. Malato da tempo era ricoverato al Policlinico Umberto I di Roma, dove è deceduto a causa di un arresto cardiorespiratorio. Fonti vicine alla famiglia hanno comunicato la notizia all’Ansa che ha provveduto alla sua diffusione nella serata di sabato.

Giuseppe Ferrara



Giuseppe Ferrara, nato nel 1932 e di origini fiorentine, è stato il regista dell’impegno civile italiano. Solo una dozzina i film che ha realizzato, oltre a molti documentari, ma tutti di forte impatto e fonte di accese discussioni. Le sue pellicole sono sempre state orientate verso il cinema d’inchiesta, sui misteri d’Italia e la sua storia, con una particolare lente d’ingrandimento sulle vicende legate alla mafia e al terrorismo. Il suo primo lungometraggio è “Il sasso in bocca” (1969), docu-film che ripercorre la storia della mafia siciliana e delle connessioni con quella americana. Poi il grande successo di “Cento giorni a Palermo” (1984) sul delitto del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, interpretato da Lino Ventura, con Giuliana De Sio nei panni della moglie Emanuela.

Due anni dopo arriva il suo film più celebre, “Il caso Moro“, con la cronistoria dei 55 giorni del sequestro del presidente DC e l’intensa interpretazione di Gian Maria Volonté. Nel 1933 Ferrara dirige l’inevitabile biopic “Giovanni Falcone“, che ripercorre le tappe fondamentali della carriera del magistrato ucciso nella strage di Capaci, chiamando Michele Placido ad interpretarlo, con Giancarlo Giannini nel ruolo dell’amico-collega Borsellino.

L’ultimo film degno di nota è “I banchieri di Dio“, vecchio progetto faticosamente recuperato dopo anni, incentrato sulla morte di Roberto Calvi e il crack del Banco Ambrosiano, con Omero Antonutti nei panni del banchiere (essendo morto nel frattempo Volonté) e addirittura Rutger Hauer in quelli dell’arcivescovo a capo dello IOR, Paul Marcinkus. L’ultima fatica di Ferrara è “Roma nuda“, inedita miniserie in quattro puntate girata nel 2013 e scritta insieme al redivivo Tomas Milian, che ne è anche interprete, e che vede la partecipazione di Franco Califano, alla sua ultima apparizione.

Nel 1961 con “Bambini dell’acquedotto” e nel 1974 con “La città del malessere“, entrambi cortometraggi documentari prodotti dalla RAI, Ferrara aveva vinto due Nastri d’Argento, il primo come miglior regista di un corto e il secondo come miglior corto sperimentale.

Negli ultimi anni Giuseppe Ferrara non se la passava bene, sia a livello di salute che economico. Dopo essere stato sfrattato dalla sua casa nel 2013 e dopo la mobilitazione di mezzo cinema italiano e di vari esponenti della società civile, aveva ottenuto il vitalizio della legge Bacchelli, una “pensione” destinata a personalità del mondo del mondo dello spettacolo (e non solo) ormai indigenti.

 
 

Ivan Zingariello

 
Giuseppe Ferrara 2