Addio ad Arthur Hiller, regista di “Love Story” e “Wagon-lits con omicidi” (VIDEO)

Addio al regista canadese Arthur Hiller, morto ieri a Los Angeles per cause naturali all’età di 92 anni. Lo ha reso noto l’AMPAS (l’Academy degli Oscar, per intenderci) che lo stesso Hiller ha presieduto per quattro anni dal 1993 al 1997. In carriera ha vinto un Golden Globe nel 1971 per la regia del celeberrimo Love Story, oltre all’Oscar Umanitario nel 2002.

Arthur Hiller
Arthur Hiller

Il regista, classe 1923, dopo aver diretto una moltitudine di episodi di serie tv a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, da Perry Mason ad Alfred Hitchcock presenta, da Gunsmoke a La famiglia Addams, era passato stabilmente al cinema dove ha diretto 33 pellicole (più 2 tv movie) dei generi più disparati. Di Love Story parleremo alla fine, ma ad Hiller si deve anche l’esplosione dell’accoppiata comica Gene Wilder & Richard Pryor, per la prima volta insieme nel suo cult Wagon-lits con omicidi, film campione di incassi nel 1976. Il trio replicò poi il successo tredici anni più tardi con il divertente Non guardarmi: non ti sento.

Per anni lavorare sotto la direzione di Arthur Hiller ha significato per un attore ottenere una sicura nomination ai Golden Globe (se non addirittura agli Oscar). Il primo ad esservi candidato fu Alan Arkin nel 1970 per il dramedy Papà… abbaia piano!, seguito l’anno successivo dal duo Jack Lemmon e Sandy Dennis, protagonisti della commedia Un provinciale a New York. Nel 1972 fu la volta di George C. Scott, che ottenne anche la nomination dell’Academy, per Anche i dottori ce l’hanno, la cui sceneggiatura si aggiudicò sia l’Oscar che il Golden Globe; candidata non protagonista di questa farsa sull’ambiente ospedaliero fu Diana Rigg, che si scontrò con la Maureen Stapleton di un altro film di Hiller, Appartamento al Plaza, nominato anche come miglior film commedia.

Nel 1973 fu la volta di Peter O’Toole e James Coco, candidati per l’insolito musical L’uomo della Mancha, mentre nel 1976 fu Maximilian Schell ad ottenere la doppia nomination per il ruolo di criminale nazista finto ebreo in The Man in the Glass Booth. L’anno successivo toccò a Gene Wilder per il già citato Wagon-lits con omicidi, nel 1983 addirittura ad Al Pacino, alle prese con cinque pestiferi figli in Papà, sei una frana, ed infine nel 1988 Bette Midler fu candidata per la commedia Una fortuna sfacciata. Tutti questi celebri attori furono però accomunati da un triste destino, visto che nessuno di loro riuscì poi ad aggiudicarsi l’ambito premio per i film diretti da Arthur Hiller.

Arthur Hiller dirige Ryan O'Neal e Ali MacGraw in "Love Story"
Hiller dirige Ryan O’Neal e Ali MacGraw in “Love Story”

L’unica che riuscì a sfatare questo tabù fu Ali MacGraw per la sua pellicola più celebre, lo struggente Love Story (1970). Il film simbolo del genere sentimentale si aggiudicò ben cinque Golden Globe, in primis quello per il miglior film drammatico e quello per la regia di Hiller, seguiti da quelli per la sceneggiatura, per la colonna sonora e appunto per la giovane protagonista Ali MacGraw. Gli altri due nominati, gli attori Ryan O’Neal e John Marley, finirono invece nella lista nera dei non vincitori, insieme agli illustri colleghi già citati. Agli Oscar le identiche sette candidature portarono invece in dote un’unica statuetta, per l’immortale tema musicale scritto da Francis Lai, mentre Hiller fu battuto nella regia da Franklin J. Schaffner che trionfò col suo Patton, generale d’acciaio.

Love Story rappresentò l’apice della carriera di Hiller che, a distanza di oltre 30 anni e dopo aver presieduto anche l’Academy a metà degli anni ’90, si consolò con l’Oscar Umanitario Jean Hersholt, assegnatogli nel 2002 e consegnatogli dai suoi due protagonisti O’Neal e MacGraw.

Arrivò poi un colpo di coda finale, quattro anni più tardi, con l’ormai 82enne Hiller che diresse il suo ultimo film, il dimenticabile Pucked con Jon Bon Jovi.

 
 

Ivan Zingariello