Cantare sul palco di Ligabue al Liga Rock Park: le emozioni di Francesco Rainero

Ligabue qualche giorno fa al Parco di Monza, davanti ad 80.000 spettatori, ha dato vita al suo doppio mega show live, il Liga Rock Park. Prima della sua esibizione il concerto è stato aperto da due giovani cantautori (per serata) che avevano vinto uno speciale contest promosso dalla Regione Lombardia. Uno di loro è il 21enne fiorentino Francesco Rainero, che ci ha fatto un resoconto delle sue emozioni nel calcare un palcoscenico così prestigioso. Riviviamole con lui!

Luciano Ligabue durante il "Liga Rock Park"
Luciano Ligabue durante il “Liga Rock Park”

Ore 10:30 – Il palco è enorme, una cattedrale nel cuore verde del parco di Monza. Dal backstage si staglia come un gigante di ferro e led nel cielo terso del sabato mattina. Arrivo con la mia chitarra in spalla carico di aspettative e di energia, mentre già tutto freme per la prima delle due date del Liga Rock Park. Andiamo.

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Ore 11:00 – Quattordici. Sono quattordici gli scalini che separano il palco da terra. Li salgo per iniziare le prove mentre già il parterre si riempie dei primi fan che guadagnano la transenna. Attacco il jack alla mia acustica e respiro a fondo. Il sole è alto e lo scenario è mozzafiato: l’area concerto ancora praticamente vuota mi si stende davanti, enorme. In pochissimi minuti, il check è fatto. Prossimo passo: il concerto.

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Ore 13:00 – Si gira nel backstage, l’impegno da parte di tutto lo staff è pazzesco. Ognuno ha il suo compito, il suo spazio, il suo tempo: nessuno è con le mani in mano. La macchina gira che è una bellezza: questa è la musica, baby. Si pranza insieme ai collaboratori di Ligabue come se fossimo amici da sempre. Io e i Last, l’altro gruppo che si esibirà prima di Luciano, siamo trattati con serietà e con un grande affetto. Sembra un sogno.

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Ore 17:00 – Tirati a lucido, profumati e pettinati, io e Alex – il cantante dei Last – stemperiamo la tensione con un po’ di musica. Ma non c’è tempo da perdere.

Siamo intervistati in mezzo al pubblico da un giornalista che ci chiede come stiamo. E come stiamo? Le parole non lo sanno spiegare, basta guardarci in faccia.

Intervista finita: ok, mi lavo i denti, mica si può cantare di fronte a 80mila persone con le polpette del pranzo tra i denti! Spazzolino, dentifricio, STOP. «Ragazzi, correte, Luciano vi vuole conoscere!». Panico. [Piccola parentesi: IO SONO UN FAN DI LIGABUE]. Nonostante la premessa, lo spazzolino in mano e la polpetta sullo stomaco, oltrepasso il varco dei camerini e mi ritrovo Luciano Ligabue di fronte senza capire bene e senza essere molto preparato. Lo saluto, gli parlo (per quanto me lo conceda la bocca impastata dall’emozione), gli stringo la mano, foto e via: breve ma intenso.

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Anche perché si sono fatte le…

Ore 17:45 – E tra un quarto d’ora sono in scena. Prendo la chitarra, la accordo, la accordo, la accordo, e mi preparo a salire le scale del palco.

Ore 18:00 – Angelo Baiguini mi annuncia. Tocca a me.

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18:00 / 18:15 – Difficile parlare di quei quindici minuti durante i quali sono stato sul palco. Di sicuro c’è che appena ho iniziato a suonare quelle 80mila facce sconosciute sono diventate improvvisamente amiche, che le mie tre canzoni – Questa strada, Magari domani e Mancino – sono diventate improvvisamente di tutti quelli che mi ascoltavano, che battevano le mani a tempo, che mi incitavano e urlavano il mio nome.

E ve lo assicuro, non è questione di sentirsi importanti, privilegiati o addirittura famosi. No, è questione di sentirsi capiti. Io su quel palco mi sono sentito capito. Tutte quelle persone hanno accolto la mia storia e le mie parole, e non sarò mai abbastanza grato per questo. E ora si parte.

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