Going West: l’incontro di un padre e un figlio alla ricerca di se stessi

Going West è il racconto di un viaggio. Un viaggio attraverso i paesaggi della costa ovest della Norvegia che Kasper (Benjamin Helstad), giovane insegnante di musica rimasto senza lavoro, percorre in sidecar e in macchina con il padre crossdresser Georg (Ingar Helge Gimle). La meta è la premiazione di una competizione di cucito su un’isola sperduta, dove i due si dirigono in memoria della madre e moglie Irene (Birgitte Victoria Svendsen), morta qualche mese prima. La strada verso la gara è, per padre e figlio, l’occasione per incontrare vecchi e nuovi amici che arricchiranno, ciascuno a modo proprio, il loro percorso.

Il viaggio è il centro della storia. Ma sarebbe limitante definire il lungometraggio del regista norvegese Henrik Martin Dahlsbakken semplicemente un road movie. Kasper e suo padre Georg percorrono un tragitto lungo una natura dagli scorci mozzafiato che non è solo fisico.

Il loro è un percorso interiore che porta entrambi a superare i propri limiti, la propria incapacità di aprirsi agli altri e mostrarsi per quello che si è. Raggiungendo la meta, i due diventano finalmente capaci di costituire quel rapporto padre-figlio mai esistito e di superare le paure più buie. Mentre si percorre la strada, si ha la sensazione di addentrarsi via via nell’animo dei protagonisti, nei loro pensieri più intimi, nelle loro lotte interiori e nel disperato bisogno di trovare un punto di incontro. Camminando, i protagonisti crescono, si evolvono e compiono una crescita che, alla sua conclusione, li vede cambiati.

Sulle note di una colonna sonora briosa fatta di sonorità tipiche dell’on the road, Dahlsbakken racconta la storia con un tono ironico e, insieme, intimistico e nostalgico. A tratti si sorride, a tratti si resta sospesi in atmosfere quasi cupe. Ma tutto rimane in un perfetto equilibrio che fa di Going West un film da guardare anche più di una volta.

 

 

Valeria Gaetano