Le grida del silenzio: ragazzi fuori

Luca Avallone è il giovane sfortunato in amore, sempre pronto a consultarsi con il più scafato coetaneo Roberto Calabrese, che non manca di sedurre la bella Ana Cruz.

Luca Molinari e Martina Carletti, invece, sono i due innamorati, come pure le omosessuali Manuela Zero e Alice Bellagamba.

Sono i sette che, a bordo di un vecchio minivan, si ritrovano a trascorrere uno spensierato week-end in tenda nel mezzo di un bosco ai piedi di un lago, parlando per lo più di sesso e di fauna umana da rimorchio e senza rinunciare neppure a fumate d’erba e sniffate di cocaina.

Tutti elementi che, stando alle regole basilari dell’horror, lasciano pensare inevitabilmente che ci troviamo dinanzi alle potenziali vittime da slasher proto-Venerdì 13, tanto più che il produttore Giuseppe Milazzo Andreani effettua la propria entrata in scena come minaccioso individuo, affiancato da Beppe Convertini.

Ma, sebbene la saga con protagonista l’immortale squarta-campeggiatori Jason Voorhees venga anche verbalmente citata, è tutt’altra la direzione che prendono i circa novanta minuti su cui si costruisce Le grida del silenzio, primo lungometraggio diretto dalla Sasha Alessandra Carlesi che vi compare anche in una piccola parte.

Perché, una volta superata la presentazione dei diversi personaggi, non è l’intrattenimento a tinte splatter da liberatorio body count a farla da padrone, bensì i racconti personali e i drammi esistenziali della combriccola, i cui attori non lasciano affatto a desiderare nei rispettivi ruoli.

Un aspetto narrativo che rischia, purtroppo, di conferire all’insieme il look e il ritmo di una soap opera, complici le difficoltà di messa in scena tipiche delle produzioni indipendenti concretizzate con pochi mezzi, sebbene lodevole appaia il lavoro svolto sulla fotografia da Robin Brown e Cristiano De Vincenzi.

Un aspetto che, man mano che si susseguono brevi apparizioni per volti noti spazianti da Cosetta Turco a Massimiliano Buzzanca, passando per Gegia, Patrizia Pellegrino, Roberta Garzia e la ex ragazza di Non è la Rai Eleonora Cecere, sembra impedire all’insieme di decollare, arrivando quasi a testimoniare una certa debolezza di sceneggiatura.

Per riscattarsi, in realtà, grazie ad un twist ending romantico-soprannaturale che, seppur già visto altrove, viene sfruttato meglio del solito, facendo quasi dimenticare i difetti di un’operazione atta a fornire tanto profondi quanto amari spunti di riflessione sull’importanza del nostro passaggio terreno e della sempre più difficile gestione della incontrollabile voce del cuore.

 

 

Francesco Lomuscio