MONDOSPETTACOLO DEBUNKING EPISODIO 1: LA LUNA? CI SIAMO STATI ECCOME!

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Bene, gente.
Come promesso, inizio la mia annunciata carriera di debunker e servo del sistema, delle banche, dei Bildelberg, degli alieni e del Nuovo Ordine Mondiale con un articolo che si ricollega alla mia precedente disamina sull’anniversario dimenticato dello sbarco sulla Luna.

Naturalmente su questo avvenimento si è detto di tutto, e i cospirazionisti si sono sprecati nell’inventarsi le teorie più strampalate e fantasiose, con una dovizia di “particolari tecnici” tale da far sembrare la NASA un ritrovo di studentelli.
E altrettanto naturalmente, ad ogni nuova teoria salta fuori l’ennesimo “documento segreto” (da non si sa dove, ma sembra che gli archivi NASA siano dei colabrodo) a cercare di supportare la “verità rivelata” del momento.  Sarà meglio, a questo punto, ripassare un pochetto di storia (reale, non inventata). Le motivazioni di questo supposto inganno si dovrebbero analizzare nell’ambito politico e militare della Guerra fredda.
Gli USA erano innegabilmente stati battuti sul tempo e a livello tecnologico dall’URSS, che aveva collezionato una impressionante serie di successi.
Il 4 ottobre del 1957 era entrato in orbita lo Sputnik: per gli USA, già scottati dal fallimento del loro progetto Vanguard, questa fu una vera e propria catastrofe, che alcuni storici paragonarono, per importanza, solo a quella di Pearl Harbor e chiamarono “la crisi dello Sputnik”. Fu quel giorno che iniziò seriamente la corsa allo spazio tra le due superpotenze: da parte americana vennero impostati vari altri progetti, che videro finalmente la luce col lancio, il 31 Gennaio 1958, del satellite Explorer 1.
Un risultato modesto, ottenuto utilizzando un razzo Jupiter C modificato, che mise in orbita un satellite piccolo e costruito in fretta (soli 84 giorni), mentre i sovietici avevano già bissato col lancio dello Sputnik 2.

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Il progetto Apollo subentrò a quello indicato come “A-119”, studiato alla fine degli anni 50 dall’USAF, che prevedeva di far esplodere una testata nucleare sulla Luna, sia a fini scientifici sia come dimostrazione della potenza bellica americana.
Questa esplosione, che sarebbe stata visibile da terra, avrebbe dovuto tirare su il morale americano, e nel contempo fungere da velata minaccia contro l’URSS, che però aveva dalla sua un progetto analogo: infatti, secondo notizie affidabili, i sovietici avrebbero deciso di commemorare la Rivoluzione d’Ottobre (e dare la loro prova di forza) il 7 Novembre 1957, in concomitanza con un’eclisse lunare, facendo detonare una testata nucleare sulla Luna. Da ambedue le parti ci si rese conto che il fallout avrebbe potuto creare seri problemi a futuri astronauti, pregiudicando una futura colonizzazione della Luna, e i progetti caddero.
Nacquero la DARPA e la NASA, che iniziarono a collaborare su vari fronti, ed iniziò conseguentemente ciò che fu l’epoca d’oro dell’aeronautica.
Un’epoca ormai tramontata, di cui abbiamo solo più le tante testimonianze che i complottisti cercano di demolire nella loro costante opera di ciò che è a tutti gli effetti una indegna diffamazione del lavoro, del valore e dell’inventiva di uomini unici, che hanno realmente scritto le più belle pagine della storia umana.
Uomini il cui nome deve essere ricordato e non denigrato, da persone la cui cultura spesso si limita a delle letture su internet e a qualche rivista di UFO, oppure magari laureate ma in palese malafede.

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Saltiamo avanti di qualche anno, ed arriviamo al 1976.
Questo fu l’anno di pubblicazione di un libro, intitolato (originale come scelta…) “Non siamo mai andati sulla luna”, ad opera di un ex impiegato della Rocketdyne, neanche della NASA, tale Bill Kaysing, in collaborazione con tale Rendy Reid. Fu il primo libro relativo a queste teorie: prima circolavano solo come voci di corridoio, a quanto pare già dal 1968, all’epoca della missione Apollo 8.
La storia raccontata nel libro è quella di un mostruoso inganno, perpetrato a fini economici: la NASA, a causa della cattiva amministrazione dell’epoca, non avrebbe secondo costui potuto sviluppare la tecnologia necessaria per una missione umana sul nostro satellite. A questo punto, pur di non vedersi tagliare i fondi, avrebbe avuto la brillante idea di sperperare un’immensità di denaro in una messinscena, in collaborazione con non meglio specificati “reparti deviati” dell’USAF, che avrebbero messo a disposizione la Norton AFB di San Bernardino per le riprese. E naturalmente, il regista sarebbe stato nientemeno che Stanley Kubrick, ovviamente sotto la minaccia di rendere pubbliche le relazioni di suo fratello Raul coi comunisti.
Questo libro, ovviamente di pura invenzione, fu però la bibbia dei complottisti lunari per decenni.

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Peccato che alcuni dettagli lo facciano franare miseramente. Innanzitutto Kaysing non era un tecnico: aveva una laurea in lingua e letteratura inglese dell’Università della California Meridionale, prestigiosa quanto vogliamo, ma di carattere umanistico e non scientifico.
Il suo ruolo, conseguentemente, non era quello di un tecnico o di un progettista, ma solo di revisore formale della manualistica relativa: in sostanza doveva correggere eventuali errori di sintassi nelle bozze. Un lavoro indubbiamente delicato, soprattutto riguardo a manuali tecnici di comprensibile difficoltà, nei quali una virgola al posto sbagliato avrebbe potuto potenzialmente portare all’applicazione sbagliata di procedure e protocolli, o a montare male componenti anche delicate, ma sempre e comunque un lavoro da impiegato, non da ingegnere. Vale a dire che la sua competenza tecnica era pari a quella di una qualsiasi altra persona non addetta ai lavori.
Sarebbe come imparare oggi a pilotare un aereo solo con Flight Simulator… direi che non funziona.
Costui dichiarò di scrivere in base alla sua esperienza lavorativa: peccato che il suo impiego alla Rocketdyne fosse terminato già nel 1963, quindi ben prima delle missioni Apollo. In pratica tutto ciò che avrebbe potuto visionare, riguardo al programma Apollo, sarebbe stato solo materiale preliminare, da cui anche un tecnico avrebbe potuto ricavare veramente poco di utile.

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La storia di Kubrick “minacciato” poi, non regge per un piccolissimo fattore di natura, come dire, anagrafica.
Il “fratello Raul”, molto semplicemente, non esisteva.
Kubrick nacque nel 1928 a Manhattan, primogenito di Jackob Leonard Kubrick, un medico statunitense, e di Sadie Gertrude Perveler, casalinga anch’essa americana. Kubrick non ha mai avuto nessun “fratello Raul”, ma solo una sorella minore, Barbara Mary, nata nel 1934. Già detto tutto.
Ovviamente Kubrick non si assunse mai il discutibile merito di aver girato nessun filmato “lunare”, anzi ne negò (giustamente) ogni veridicità. Ma avendo prodotto, un anno prima, un capolavoro come “2001: odissea nello spazio”, il regista “doveva” essere la persona più indicata per costruire la messinscena.
Come? O parallelamente alle riprese di 2001, e senza che se ne accorgesse nessuno (e certo, perché il regista ha tantissimo tempo per assentarsi senza dire dove va e cosa fa…), oppure in un annetto scarso subito dopo (perché logicamente, di cosa vogliamo che ci fosse bisogno, se non di un fondale nero, due tute spaziali, due camionate di sabbia, un modellone di modulo lunare e due luci?).
La logica di un ragionamento del genere si commenta da sola.

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Pensiamo poi ad un altro particolare: tutto il mondo vide l’equipaggio dell’Apollo, in diretta, salire sul razzo e decollare. Se fossero rimasti a terra, le riprese (di tutti i giornalisti presenti) non sarebbero esistite, in quanto sostituite da una serie di comunicati “ufficiali” relativi ad una partenza già/mai avvenuta, con dei filmati fintamente in differita. Se il vettore Saturn non fosse mai decollato, allora le migliaia di persone presenti quel giorno lì attorno cosa avrebbero visto? Un ologramma degli alieni? Come no, credibilissimo.
Qualche “ben informato” ha avuto la brillante idea di dare una risposta assolutamente geniale: il lancio è avvenuto, senza equipaggio (che avrebbe finto, sotto gli occhi del mondo intero, di salire a bordo…) ma in realtà il razzo è poi ricaduto sulla Terra, nell’oceano, dove nessuno lo avrebbe visto.
E naturalmente ha fornito anche le probabili coordinate dello schianto… a cui, dopo vari controlli, non si è trovato nessun rottame. Possibile che mai nessuno abbia trovato mai nulla?
Un’ulteriore piccolissima incongruenza che fa crollare questa ipotesi è la situazione politica del tempo: a che titolo i sovietici, in piena Guerra Fredda, perfettamente in grado di seguire con le loro strumentazioni tutta la missione, avrebbero dovuto coprire una simile buffonata?
Infatti anche i sovietici stavano sviluppando il loro programma lunare, che dopo lo sbarco americano perse di interesse e fu lasciato cadere.
Sarebbe, al contrario, stata l’occasione più ghiotta per demolire la credibilità del nemico, e per sfruttare la cosa sotto l’aspetto politico, cogliendo una nuova motivazione per arrivare loro sulla Luna.
Perché, se fosse stato tutto un falso, i Sovietici non avrebbero dovuto dirlo a tutto il mondo? “Ehm… quel razzo non è mai arrivato sulla Luna, gli americani sono dei bugiardi. Ve lo faremo vedere noi, come ci si arriva, esattamente come vi abbiamo fatto vedere come si manda un uomo in orbita”.
E magari avrebbero potuto mostrare il relitto del Saturn recuperato in mare, sul quale non sarebbe stato presente niente di legato ad una missione: né l’equipaggio, né il modulo lunare, né alcun apparato utile.
Sarebbe stato il trionfo assoluto della retorica e della politica sovietica, che in capo a pochi anni avrebbe portato a vedere una bandiera rossa piantata sul suolo lunare. Invece, guardacaso, niente. Che strano…

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Ma secondo i complottisti, “erano tutti d’accordo”. Per cosa ancora non si sa, ma pazienza.
Altro piccolo dettaglio: si era in piena Guerra Fredda, ancora nel 1976. Se veramente, in un periodo del genere, qualcuno si fosse sognato di dare alle stampe un libro che non riportasse nulla più che una sequela di bugie facilmente riconoscibili come tali, e se davvero ci fosse stato un inganno da svelare, molto semplicemente quel libro sarebbe stato censurato. Veramente vogliamo che, in quello che fu il periodo d’oro dello spionaggio e della censura, alla faccia di tutte le presunte libertà di espressione e della privacy, un qualsiasi mezzemaniche residuato dei tempi passati potesse pubblicare qualcosa del genere?
Io dico di no. Quindi già solo il fatto che questo libro esista è il chiaro sintomo del totale disinteresse della NASA verso tutte le balle che propina come “verità nascoste”.
Molto probabilmente qualcuno alla NASA si guardò in faccia attorno ad un tavolo, chiese agli altri cosa fare, e come risposta ebbe: “E chi se ne frega? Siamo perfettamente in grado di provare la verità, se questo idiota vuole pubblicare i suoi deliri faccia pure. Anzi, ci farà persino pubblicità.”
Cosa che, effettivamente, avvenne.

Questa non fu la sola teoria, come vedremo, ma ne sorsero almeno altre tre. Tutte simili, tutte “suffragate da prove inequivocabili” debitamente smontate volta per volta, e tutte divenute altrettanti pilastri di ogni successiva idiozia a carattere complottistico-lunare.
Una, per esempio, fu quella della necessità di recuperare il tempo perduto, inscenando un’impresa talmente titanica da essere irripetibile, tale da ridicolizzare i successi sovietici e poter quindi vantare il merito relativo. Basta un minimo di logica per capire come questa idea non regga: già solo per pura e semplice statistica, le possibilità che nessuno, su decine di migliaia di addetti ai lavori, abbia mai parlato, od anche solo si sia lasciato sfuggire involontariamente, la notizia di una buffonata così colossale, sono del tutto pari a zero. Non è statisticamente possibile tappare la bocca a tutte queste persone, qualche notizia scappa sempre. Se realmente esistesse un modo per mettere totalmente a tacere qualsiasi voce, ci sarebbe da preoccuparsi, perché sarebbe il sintomo del lavoro di una dittatura, talmente invasiva e spietata da fare paura agli stessi Orwell ed Huxley, che già descrissero delle distopie spaventose.
Altro dettaglio: veramente vogliamo che, in un’epoca di spionaggio tra due blocchi, mai nessuno di tutti questi addetti ai lavori sia stato contattato, corrotto, o rapito per chiedergli qualche informazione? In un caso del genere, se realmente il progetto Apollo fosse stato una farsa, una simile notizia sarebbe stata adeguatamente strumentalizzata dalla propaganda comunista.

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Un’altra teoria ipotizzava che questa farsa dovesse servire per distrarre l’opinione pubblica dalla guerra del Vietnam, a cui era sempre meno favorevole. Ipotesi abbastanza tirata per i capelli, e che non tiene conto di una semplicissima cosa: quella che venne definita “opzione 1984” da alcuni opinionisti. In pratica, dovendo spendere tutti quei soldi, sarebbe stato molto più pratico e molto più economico impostare una vera e propria campagna di “revisione degli eventi” in tempo reale, con l’uso di articoli giornalistici decisi a priori, riprese e filmati modificati apposta, testimonianze fasulle. Un’opera di convincimento veramente degna della distopia del celeberrimo romanzo di Orwell: idea che peraltro circolava già, essendo stata suggerita dal libro stesso, pubblicato nel 1949. Un vero e proprio plagio, tale da far cambiare opinione all’intero mondo e guadagnarsene il supporto, con inoltre la possibilità di negare l’evidenza eventualmente messa in pubblico da parte avversa, bollandola come “pura propaganda”.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: sulla Luna ci siamo stati o no?
La risposta è, ovviamente, affermativa, e ci sono (queste sì) tonnellate di prove a riguardo: quindi per quale motivo esistono siti web di ogni tipo, che sostengono di aver trovato le “prove” di quello che dovrebbe, a questo punto, essere il più grosso inganno della storia umana?
E qua vorrei proporre una piccola riflessione: che cos’è questa “opzione 1984”, se così vogliamo definirla?
Un meccanismo perverso ma attuabile, come si vede tante volte oggi, in un’epoca che dovrebbe rendere libera l’informazione: se guardiamo ad esempio il conflitto eterno tra Israele ed i suoi litigiosi vicini, saltano fuori ogni giorno delle bufale colossali, con tanto di recite organizzate da veri e propri attori, foto tarocche (famosa quella dell’F-15 che bombarda Gaza… un modello in 3d di una versione di aereo neanche presente nell’aeronautica israeliana, malamente sovrapposto ad un fondale con un’esplosione presa da un’altra foto sullo sfondo), articoli che citano fonti inesistenti o di parte, fatti inventati o distorti, e via dicendo. Stessa cosa che si vede su siti di gruppi come animalisti, ecologisti, attivisti per i diritti umani, politici e sociali di ogni genere. Tutta propaganda fasulla, da una parte o dall’altra, peraltro a costo quasi nullo, grazie al lavoro di tanti utenti disinformati e capaci solo di ripostare a pappagallo notizie false, aggiungendo commenti banali.
Oggi, se ci riflettiamo un attimo, distorcere la realtà secondo i canoni di una vera e propria “opzione 1984” è semplice, gratuito ed impossibile da fermare: ci sarà sempre qualche malato che per noia, soldi o voglia di apparire, prenderà una foto e la riproporrà decontestualizzata e storpiata, creando l’ennesimo scandalo.
Ma qual è la motivazione a farlo, e chi è il tipico leone da tastiera che se ne occupa?
Sopra tutti il cronista in cerca di soldi e fama: in mezzo a tantissimi professionisti realmente seri, ci sono gli sciacalli che, pur di vendere un articolo o una foto, non esitano a riciclare scatti presi in tutt’altro contesto e a descriverli come provenienti da quello scelto.
Non parlo solo di guerre: capita in una miriade di altre occasioni, dall’incidente stradale al gossip sugli attori di Hollywood, senza escludere nulla.
Ma qua, per quanto disonesta e cinica sia la motivazione, ha un suo senso.
Immediatamente sotto abbiamo l’utente medio: non si informa, ragiona con il sentimento del momento e non con la testa, e condivide un’immagine scabrosa con qualche commento disgustato ed indignato.
Ai primi posti abbiamo le ormai solite foto di bambini morti in qualche conflitto, che possono essere prese a Gaza come in Siria, e “riallocate” convenientemente. Questi utenti, inconsapevolmente, contribuiscono a diffondere pregiudizi e disinformazione, che possono portare solo ad altri problemi.
Sotto tutti abbiamo i veri e propri complottisti: dei paranoici che passano la vita su una tastiera, e che per principio devono contestare, avanzare ipotesi campate in aria, accusare un ipotetico “sistema” di tutte le brutture che circolano sui mezzi (dis)informativi, nel tentativo di ridisegnare a loro comodo la realtà.
C’è una guerra in Africa? E’ colpa del “sistema”, che ha “mandato dei mercenari a scatenare l’odio per il profitto”. Cade un aereo? Colpa del “sistema” che ha “sperimentato una nuova (improponibile) arma laser” e ha “ucciso delle persone innocenti”. Scoppia un terremoto? Colpa delle “armi geofisiche del sistema”…

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Combinazione, queste teorie escono fuori sempre e solo in concomitanza di eventi di particolare rilevanza: i più drammatici incidenti aerei, i conflitti più sanguinosi (e ce ne sono moltissimi altri di cui a nessuno frega nulla, ma pazienza…), atti terroristici, fino ai terremoti e ai cicloni, ovviamente frutto della “geoingegneria” del “sistema”. Teorie che vogliono smentire le versioni ufficiali, proprio perché “propaganda del sistema”, in una perversa distorsione di un fenomeno mentale chiamato apofenia: ovvero la tendenza della mente a fare associazioni tra stimoli del tutto casuali, cercando di dare loro uno stimolo logico. Tendenza che, usata nel modo giusto, è anche utile, ma che invece nella mente dei complottisti si trasforma, fino a diventare un fenomeno patologico, una vera e propria forma di autoconvincimento, nel voler cercare a tutti i costi i segni dell’operato di un immaginario “sistema” in qualsiasi cosa, fino ad arrivare a forme di paranoia degne di un manuale di psichiatria.
Le stesse spiegazioni agli eventi trattati, poi, sono quanto di più inconsistente: partono in modo lineare, con la descrizione dell’operato del “sistema”, naturalmente per i soliti, loschi fini, per poi diventare sempre più complicate nel tentativo di dare una risposta ai tanti quesiti che le smontano, oppure rimanere piene di gap narrativi proprio nei punti dolenti, sui quali si scivola allegramente. Se poi non si trova una spiegazione, ci si limita a bollare un interlocutore come “cieco”, “asservito”, “servo del sistema”, o peggio “debunker”.
Fine del (mai stato…) dialogo, chiusura sulle proprie (insostenibili) posizioni, rifiuto dell’obiezione altrui.

E dunque, il progetto Apollo “deve” essere l’ennesimo complotto del “sistema”, secondo lo stesso pensiero.
Peccato che questo sistema, non “sistema”, composto da ingegneri, tecnici, addetti ai lavori di ogni tipo, sia riuscito a rendere reale quello che è sempre stato il sogno dell’uomo: staccare i piedi dalla Terra, e arrivare veramente “là dove nessun uomo è mai stato prima”. E le prove, reali, tangibili e disponibili a tutti, ci sono.

Kurtz Rommel