Recensione: Downsizing – Vivere alla grande, diventare piccoli per salvare il pianeta dalla distruzione

L’idea di Alexander Payne è ambiziosa, brillante. Il risultato, purtroppo, un po’ meno. Downsizing – Vivere alla grande parte benissimo, si pone e pone allo spettatore un quesito insidioso e quanto mai attuale: come limitare l’esaurimento di risorse per salvare il pianeta e il genere umano intero dall’autodistruzione. La risposta, ecologista e surreale, è una sola: diventare piccoli piccoli. E questo è quello che decide di fare il medico mancato Paul Safranek (Matt Damon), che si sottopone a un processo di miniaturizzazione messo a punto anni prima in Norvegia e si trasferisce nella minuscola e lussuosa cittadina di LeisureLand. Trasformati i debiti in ricchezza, Safranek è pronto, con i suoi dodici centimetri, a dedicarsi a una vita priva delle preoccupazioni che lo avevano assillato nel mondo dei “grandi”. Ovviamente, nulla andrà come lui immagina e vorrebbe. Ma, con il supporto del folle e curioso vicino Dusan Mirkovic (Christoph Waltz) e dell’ex ribelle vietnamita Ngoc Lan Tran (Chau Hong), Safranek riesce a trovare un senso al suo percorso in miniatura.

Oscillando tra dramma e commedia, Downsizing – Vivere alla grande ci lancia in un viaggio affascinante, graffiante, provocatorio e insolito che porta con sé i germi di una sottile critica alla politica americana incapace di affrontare, come dovrebbe, i problemi sociali e che spinge a riflettere sulle disuguaglianze, sull’emergenza ambientale, su quanto il consumismo condizioni l’esistenza. “Nessuno si è fatto rimpicciolire per salvare il pianeta, ma solo per salvare se stesso”, dice Dusan. E ha ragione, perché Payne legge la miniaturizzazione come l’escamotage per accaparrarsi un posto in un mondo piccolo che promette però, a chi lo abita, enormi ricchezze, confort, spensieratezza e case lussuose. Nessun fine etico o ecologico, né sostegno verso il genere umano muovono i suoi personaggi. Solo la ricerca di un nuovo benessere.

Eppure i temi che emergono, ambiziosi, nella premessa, si perdono via via che la storia procede. Payne vira bruscamente e spacca il suo film in due. Si scivola, così, verso una seconda parte che si dilunga troppo sulla sfera affettiva e sentimentale, sul turbamento interiore di Safranek e verso un finale un po’ scontato, che perde per strada la riflessione politica e morale promessa all’inizio. Il racconto si banalizza e finisce per poggiarsi quasi esclusivamente sulle spalle dei personaggi, rappresentati magnificamente. Da un Matt Damon perfetto nei panni del Safranek uomo qualunque e mediocre, fino alla memorabile figura sopra le righe di Dusan Mirkovic, interpretato da uno spassoso Christopher Waltz. Nemmeno queste figure riescono, però, ad attutire appieno il senso di pesantezza e appiattimento che pervadono la seconda ora di visione.

Eppure, se piccole pecche e promesse disattese non consentono di uscire dal cinema pienamente soddisfatti, Downsizing – Vivere alla grande resta un film godibile, con il merito di porci davanti a una domanda: cosa saremmo disposti a fare per salvarci dall’autodistruzione?

Valeria Gaetano