Recensione: Intolerance. Diretto da D.W. Griffith. In versione originale.

La Storia dell’Umanità e dell'”intolleranza”, che ne ha segnato il percorso, dall’antichità ai nostri giorni, in 4 episodi di diverse epoche storiche. Nel capolavoro di D.W. Griffith

Di: Galgano PALAFERRI.

E’ già accaduto in passato nel cinema che  i grandi fiaschi commerciali diventano poi, nel corso degli anni capolavori. È il caso di “Intolerance”, il  capolavoro che ha consacrato David Wark Griffith come il padre del cinema americano e del linguaggio cinematografico classico. I suoi meriti principali rimangono quelli di aver adottato e codificato alcune innovazioni linguistiche e tecniche (la soggettiva, il raccordo sull’asse, il carrello, la panoramica, il primo piano, ad esempio), aver teorizzato e reso pratica comune il montaggio come strumento narrativo e aver stabilito il primato del lungometraggio, il  giocare con le luci e muovere masse di comparse mai viste prima, ma soprattutto per il pathos, la drammaticità finanche l’ironia creati dalla giustapposizione di fatti e situazioni. Cento anni e una realtà che si ripete sempre uguale. “Ieri come oggi”, direbbe D.W. Griffith. Un classico del muto datato 1916, restaurato con mille peripezie, e in venticinque anni di lavoro, dal collezionista Raymond Rohauer e proposto in anteprima al Festival di Cannes nel 1982. Il kolossal dell’autore di “Nascita di una nazione” racconta quattro episodi della Storia legati da un unico filo conduttore: l’Intolleranza che pervade l’umanità. E il suo rovescio, l’Amore, l’unica arma in grado di arginarla. D. W. Griffith, regista visionario, autodidatta, eclettico guida lo spettatore attraverso i maestosi scenari dell’antica Babilonia (l’episodio sarà intitolato La caduta di Babilonia) , nella Francia del 1500 ( La notte di San Bartolomeo), durante il massacro degli Ugonotti nella notte di San Bartolomeo; alcuni accadimenti della vita di Gesù ( La passione di Cristo), antitetici ai comportamenti dei Farisei ipocriti; tratteggia le insicurezze moderne, il bisogno di tutele per la famiglia, la maternità, per un lavoro dignitoso, la certezza (o l’incertezza) della giustizia, nell’America del 1914 ( La madre e la legge) dove un industriale riduce gli stipendi dei dipendenti per contribuire alle iniziative di un intransigente gruppo di salvaguardia morale; ciò provoca uno sciopero, represso nel sangue, e l’inizio della rovina per una coppia di giovani, che, perso il lavoro, scivolano nel crimine.   Quest’ultimo episodio è il principale dei quattro,  per durata e rilievo. Dà inizio al film e ne segna anche la conclusione, che è l’unica positiva delle quattro storie, lanciando un messaggio di speranza verso il presente e, soprattutto, il futuro. Perchè l’intolleranza può essere vinta. Non arrendendosi mai alle circostanze, e lottando fino alla fine.  La scelta degli episodi dovette probabilmente seguire i generi allora maggiormente praticati nel cinema: il film colossale per Babilonia (ispirato alle opere di Pastrone), il film d’Arte francese (l’episodio rinascimentale), le Passioni e il dramma a sfondo sociale (dello stesso  Griffith).

        220px-intolerance-lillian_gish                      download-1                    Pictured here is a scene still from the 1916 film "Intolerance." Restored by Nick & jane for Dr. Macro's High Quality Movie Scans Website: http:www.doctormacro.com. Enjoy!

Tra una scena e l’altra compare spesso la scena di una madre che dondola una culla (Lilian Gish) illuminata da un raggio: è la culla del tempo e il suo dondolio è la continuità, da un verso di Walt Whitman. La scena compare ben 26 volte nel film (16 nell’edizione ridotta attualmente in circolazione) e fa da raccordo tra le varie storie. Tre vecchie sono sedute sullo sfondo, forse un’allusione alle tre Parche. Le 4 storie sono montate parallelamente e ciascuna ha i suoi protagonisti.

«Lo proporremo nella versione torrenziale, stra-enorme, da tre ore e mezzo» (la più vicina a quella che vide la luce il 6 agosto 1916),è la promessa di Emanuela Martini, direttrice del Torino Film Festival,  che ha scelto di inserire “Intolerance” tra gli eventi della 34ª edizione, dal 18 al 26 novembre. «Sono i cento anni dalla prima proiezione, che avvenne a Los Angeles nel ‘16 — spiega la rossa cinefila che guida la kermesse — Mi sono detta: è giusto farlo. Proponiamo con l’Università questa versione, anche se il film uscì di nuovo l’anno dopo, nel ’17. Spero vivamente che gli studenti lo vengano a vedere. È un capolavoro pazzesco ». Uno dei suoi preferiti del Festival, assieme al Cacciatore “due capolavori che non smetterei mai di rivedere”.

La Colonna Sonora, di un compositore superlativo come Carl Davis ed eseguita da The Luxembourg Radio Symphony Orchestra, è universalmente ritenuta la migliore, la più commossa e ricca di trasporto che sia mai stata creata per “Intolerance”.

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