Recensione: King Arthur, Guy Ritchie rivoluziona alla grande Re Artù

King Arthur: Il potere della Spada

Esce in Italia King Arthur – Il potere della Spada, epico e sorprendente rivoluzionamento della storia di Re Artù ad opera di Guy Ritchie, completamente destrutturata e godibilmente avventurosa, con Charlie Hunnam e il cattivissimo Jude Law.

La spada nella roccia 2.0

In King Arthur – Il potere della Spada, dopo un’epica battaglia in cui riesce a sconfiggere le truppe di un pericoloso mago, Re Uther (Eric Bana) viene assassinato e il fratello Vortigern (Jude Law) si impadronisce del trono di Camelot. Prima di morire il Re riesce a mettere in una barca il suo piccolo erede, che sfugge così alla morte finendo nella città di Londinium (l’odierna Londra) dove viene adottato dalle donne di un bordello malfamato e dove crescerà in mezzo a miseria, furti ed espedienti vari. Una volta diventato adulto Artù (Charlie Hunnam) coltiva i suoi traffici e la sua giustizia fai da te, spesso votata ai suoi interessi, completamente ignaro del suo regale lignaggio. Nel frattempo dalle acque ai piedi del castello di Camelot riemerge la mitica spada Excalibur, incastrata in una roccia e, come leggenda narra, solo colui che è nato re riuscirà ad estrarla. Spinto dal suo ego Vorigern costringe quindi tutto il popolo maschile a tentarne l’estrazione, per poter così trovare il nipote scomparso, eliminarlo e non avere più ostacoli. Quando però arriva il turno di Artù, che in realtà non ambisce minimamente al potere, la spada gli infonde una forza che lo porterà, volente o nolente, a sfidare lo zio tiranno con l’aiuto di un manipolo di fidati amici e di una maga (Astrid Bergès-Frisbey) inviata da Merlino.

La sorprendente avventura epica di Guy Ritchie

Ammettiamo di esserci accostati con un po’ di diffidenza a questa ennesima versione de La spada nella roccia, e di aver preso una gran toppa. Questo perché il regista Guy Ritchie (quello dei nuovi Sherlock Holmes) costruisce un film che devia (quasi) totalmente dalla storia originale di Artù, donandogli un piglio moderno, dinamico e stiloso, e trasformandolo in un avvincente film epico con diverse spruzzate di fantasy e soprattutto tanta ironia, sicuramente una delle chiavi del film. Infatti per un prodotto simile il non prendersi troppo sul serio permette tutta una serie di espedienti narrativi che arricchiscono la pellicola e accrescono il piacere dello spettatore, non limitandolo semplicemente ad una serie infinita di battaglie e scene d’azione, tra l’altro davvero spettacolari. L’antica Londinium ricostruita su un mastodontico set è veramente notevole, così come gli effetti speciali dell’assalto iniziale in stile Signore degli Anelli. Ritchie riesce quindi dove altri avevano fallito, donando nuova linfa ad una storia ormai stravista e facendo fuori addirittura Merlino, sostituito dalla sua maga emissaria interpretata dalla malinconica Astrid Bergès-Frisbey, unica co-protagonista femminile in un mondo di soli uomini. Un’altra chiave è sicuramente l’uso sapiente del montaggio, spesso serrato, con continui salti temporali (ormai marchio di fabbrica di Ritchie) e nuovi elementi rivelatori, che mantengono alto l’interesse dello spettatore anziché ingarbugliare la vicenda, risultando funzionali ad una maggiore comprensione della storia. L’altro stravolgimento vincente è poi il totale cambiamento del background del protagonista.

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Il nuovo Artù: dalla strada al trono

Questo Artù, di cui rapidamente ma incisivamente viene mostrata la crescita fino all’età adulta permettendo così di capirne la vera essenza, è un ragazzo di strada da sempre povero che non brama potere, ma si accontenta dei suoi intrallazzi e che venga rispettato chi lo circonda. Artù non è quindi più un antieroe e anche quando riesce ad estrarre la spada, in realtà se ne vorrebbe disinteressare per tornare alla sua vita di sempre, che a lui piace così com’è. Di conseguenza faticherà non poco ad accettare il ruolo di eroe che la storia gli impone, rendendo particolarmente interessante l’evoluzione del suo personaggio, come del resto avviene sempre in casi simili. Ad interpretare Artù c’è l’inglese Charlie Hunnam, già protagonista della serie tv Sons of Anarchy e dell’imminente film Civiltà perduta, perfettamente a suo agio nel ruolo e caso non comune di attore belloccio ma allo stesso tempo anche capace. Jude Law nei panni del tiranno Vortigern regala poi la notevole interpretazione di un cattivo dall’ego così smisurato da essere obbligato a perpetrare le sue malvagità anche nei confronti dei suoi stessi familiari pur di mantenere il potere, lottando costantemente contro il demone del rimorso, ma riuscendo sempre a dominarlo.  E’ curioso invece ritrovare tra i vari amici di Artù il prode arciere Bill, interpretato da Aidan Gillen; non tanto per il suo celebre ruolo di Petyr Baelish “Ditocorto” nella serie fantasy Il trono di spade, ma ripensando invece a quasi 20 anni fa quando il giovane Charlie Hunnam interpretava uno spaesato adolescente gay nella serie inglese Queer as folk, e Aidan Gillen era invece lo sfrontato playboy seduttore che lo “svezzava” introducendolo ai piaceri del sesso (!) e facendogli perdere la testa. Rivederli insieme, con Hunnam adulto e muscoloso e Gillen ormai cinquantenne dal capello brizzolato, fa un certo effetto. Per il resto a combattere al fianco di Artù c’è il solito gruppetto multietnico della “Hollywood politically correct” attenta alle minoranze, i cui membri diventeranno poi inevitabilmente “i Cavalieri della Tavola Rotonda”.

King Arthur – Il potere della Spada è quindi una godibile e spettacolare avventura epica che intrattiene e diverte per oltre due ore, in uscita il 10 maggio distribuita da Warner Bros. Pictures.

Voto: 7.5

 

Ivan Zingariello