Recensione: Red sparrow, Dominika bestiale

La fonte di partenza è l’omonimo romanzo scritto da Jason Matthews, ma appare immediatamente impossibile non effettuare paragoni tra Red sparrow e il di poco precedente Atomica bionda, firmato nel 2017 da David Leitch.

Del resto, mentre in quel caso avevamo la vincitrice del premio Oscar Charlize Theron nei panni di una spia del massimo livello dell’MI6 inviata a Berlino con il compito di smontare una spietata organizzazione di spionaggio nel 1989, qui, immersa in un contesto storico analogo, troviamo Jennifer Lawrence – anch’ella meritevole di essersi conquistata l’ambita statuetta hollywoodiana – nel ruolo della prima ballerina Dominika Egorova, reclutata – complice lo zio Vanya alias Matthias Schoenaerts – in un servizio di intelligence russo denominato Sparrow School per venire educata a trasformarsi in una letale amante e seduttrice.

È generosamente svestita, infatti, che la star di Madre! Si mostra davanti all’obiettivo della macchina da presa del Francis Lawrence che – regista, tra l’altro, del cinecomic Constantine e di Io sono leggenda – aveva già avuto modo di dirigerla in tre dei quattro capitoli che costituiscono la popolare saga Hunger games.

Man mano che, tra la veterana Charlotte Rampling calata nella parte della educatrice Anna e Jeremy Irons in quella di Korchnoi, generale decorato della SVR, la sua prima missione si scopre avere come obiettivo il Nathaniel Nash interpretato da Joel”Warrior”Edgerton, ufficiale della CIA la cui attività consiste nel monitorare le infiltrazioni dei servizi segreti della Russia.

E, se da un lato seguiamo il rapporto che stringe progressivamente con quest’ultimo al fine di riuscire nel proprio incarico, dall’altro non solo si guarda in maniera evidente al guru delle spy story su carta John le Carré, ma la violenza tirata in ballo lascia tutt’altro che indifferente anche lo spettatore meno impressionabile.

Perché non risultano assenti nel mucchio né un crudo interrogatorio, né uno spellamento che riesce a mettere i brividi, pur evitando dettagli espliciti da torture porn.

Fino a risvolti conclusivi sicuramente molto meno prevedibili rispetto a quelli che hanno caratterizzato la tanto movimentata quanto sopravvalutata escursione action theroniana di cui sopra… sebbene, tra infinità di cliché e lenta evoluzione della vicenda, è alto il rischio che il tutto si riveli fiacco, noioso e tirato per le lunghe (siamo sulle due ore e venti di durata).

 

Francesco Lomuscio