Recensione: Reset – Storia di una creazione, ritratto del coreografo di fama mondiale Benjamin Millepied

Talento e creatività ne hanno fatto un coreografo e ballerino di fama mondiale, noto soprattutto per aver firmato le coreografie de Il cigno nero di Darren Aronofsky. Ma il suo spirito originale e rivoluzionario ha portato Benjamin Millepied fino ai palchi e alle quinte dell’Opéra national de Paris, dove è stato Direttore del Balletto dal 2014 al 2016, per quindici mesi. Su questo suo lavoro al Teatro francese e sulla sua capacità di portare una ventata di innovazione nel mondo inflessibile della danza si sofferma l’occhio della camera di Thierry Demaizière e Alban Teurlai.

Reset – Storia di una creazione segue, passo dopo passo, i quaranta giorni necessari alla preparazione di Clear, loud, bright, forward, un balletto di trentatré minuti eseguito dai sedici ballerini che Millepied sceglie tra gli oltre centocinquanta del corpo di ballo dell’Opéra. Ci apre le porte delle sale prove per mostrarci il lavoro degli artisti mentre si preparano a mettere in scena uno spettacolo che deve essere appassionante. Ci fa ascoltare le loro emozioni e il modo in cui vivono la danza. Ma Demaizière e Teurlai fanno di questa preparazione il pretesto per portare sul palco un solo e unico protagonista, Benjamin Millepied.

Tuta e computer e smartphone alla mano, il coreografo francese si manifesta come il Direttore che, con la sua freschezza e contemporaneità, prova a svecchiare il mondo della danza. Come l’artista dallo stile inconfondibile che registra e rivede i suoi video per scovare l’errore, che guarda all’emozione prima che alla regola, che crea con le cuffiette mentre ascolta la musica, che punta tutto sulla libertà per raggiungere la perfezione. Come l’artista che mira al cambiamento, a cominciare dallo stesso spazio scenico.

Perciò, più che sulla danza, sulla genesi di uno spettacolo, sul Teatro francese per eccellenza, Reset è un film su un uomo, su un ballerino alternativo che, attraverso il cinema, ci apre la porta del suo mondo e ci fa conoscere il suo genio creativo proprio nel momento della creazione. Tutto, in questo racconto, appare realistico fino all’estremo. I registi scelgono un approccio ravvicinato, seguono Millepied da vicino, vicinissimo, e pongono lo spettatore accanto a lui quasi come un assistente. Ne nasce un ritratto intimo che, con i suoi centodieci minuti di durata e il suo procedere lento, corre soltanto il rischio di annoiare i non addetti ai lavori, lasciando sicuramente soddisfatti gli altri.

Valeria Gaetano