Recensione: The void – Il vuoto, ed essi vivranno nel terrore!

Prima che una combriccola di persone si ritrovi rinchiusa all’interno di un ospedale in cui un agente di polizia dalle fattezze di Aaron Poole conduce un tizio ricoperto di sangue incrociato su una strada buia e isolata, abbiamo un “focoso” avvio shock con protagonisti un giovane ed un individuo che non tardano ad unirsi al gruppetto.

Gruppetto la cui situazione richiama sicuramente alla memoria quella che fu alla base di Halloween II – Il signore della morte (1981) di Rick Rosenthal, nel quale, oltretutto, come in questo caso era La notte dei morti viventi (1968) di George A. Romero ad essere trasmesso dai televisori accesi.

Del resto, man mano che ignoti soggetti incappucciati fanno la loro minacciosa apparizione all’esterno dell’edificio, a cominciare da Distretto 13 – Le brigate della morte (1976) è in maniera evidente il cinema del John Carpenter che iniziò la popolare saga incentrata sull’immortale serial killer mascherato Michael Myers ad essere omaggiato principalmente nel corso della circa ora e mezza di visione messa in piedi da Steven Kostanski e Jeremy Gillespie, rispettivamente attivi, tra l’altro, nel reparto truccatori e in quello scenografi del tanto chiacchierato e sopravvalutato It (2017) di Andy Muschietti.

Perché, se perfino l’uso della colonna sonora e la tipologia sfruttata non possono fare a meno di ricordare le musiche utilizzate da colui che ci ha regalato Essi vivono (1988), da un lato è possibile individuare riferimenti – soprattutto visivi – a Il signore del male (1987), dall’altro non tardano ad entrare in scena mostruose creature dalla forma indefinibile che sembrano uscite direttamente dal mai troppo celebrato La cosa (1982).

Creature concepite tutt’altro che attraverso la oggi abusatissima CGI, bensì ricorrendo alla vecchia e intramontabile scuola dell’effettistica atta a materializzare concretamente ettolitri di sangue e fuoriuscite di liquidi putrescenti, proprio come ai tempi della mitica golden age dello splatter anni Ottanta.

Quindi, mentre la vicenda prende una piega non distante dalle hellraiserate di Clive Barker e lo spettatore viene continuamente ed efficacemente invitato a chiedersi cosa stia accadendo sullo schermo, davanti ai suoi occhi si materializza quello che, nonostante il non esaltantissimo plot, non fatica a risultare classificabile tra i migliori film dell’orrore sfornati dalla sempre più stanca produzione d’inizio XXI secolo, stritolata tra noiosi found footage e case infestate.

Tanto più che, a differenza delle due tipologie di lungometraggi appena citate, riesce nella difficile impresa di trasmettere paura e raccapriccio senza ricorrere in maniera banale a balzi improvvisi generati attraverso il sonoro… fino ad un epilogo che colpisce il cuore di coloro che ama(ro)no …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà (1981), di Lucio Fulci, cineasta la cui influenza sembra essere testimoniata, inoltre, da alcuni esseri zombeschi tirati fugacemente in ballo.

Francesco Lomuscio