Recensione: Vento da Sud Est, contro l’intolleranza per il diverso

Vento da Sud Est 4

Vento da Sud Est è lo spettacolo diretto da Angelo Campolo che trae spunto da Teorema di Pier Paolo Pasolini per parlare di immigrazione ed integrazione sociale.

Il teatro come veicolo d’integrazione sociale

Vento da Sud Est è lo spettacolo diretto e scritto dal regista messinese, Angelo Campolo, con la collaborazione drammaturgica di Simone Corso, in cui recitano giovani attori italiani e stranieri, ospiti del centro per migranti “Ahmed” di Messina. L’obiettivo, che sta alla base di questo progetto teatrale prodotto da Daf – Associazione Teatro dell’Esatta Fantasia, è quello di integrare i giovani migranti nel tessuto sociale italiano, impegnandoli in attività artistiche di vario tipo tra cui il teatro. Questo percorso d’integrazione socioculturale, iniziato con la tournée nel 2015 ed approdato il 7 giugno al Teatro India, toccherà altre realtà italiane e porterà in scena il Progetto Parola Pasolini.

Da Teorema all’incontro/confronto con i migranti

Il lavoro trae spunto dall’opera di Pier Paolo PasoliniTeorema, il film del 1968 in cui l’intellettuale, regista, scrittore racconta la storia di una famiglia italiana, borghese scossa dall’arrivo di un ospite imprevisto che ne turba la serenità e ne scardina i meccanismi. In Vento da Sud Est l’elemento, che scuote la quotidianità della famiglia Banks, esempio del cattolicesimo più bigotto, del moralismo e degli stereotipi più triti, ha le sembianze di una straniera, una migrante africana che sconvolgerà gli equilibri dei coniugi Banks e dei loro due figli adolescenti, ingessati in ruoli precostituiti e valori preconfezionati dal sistema sociale e dalla dittatura mediatica.

Il dualismo cromatico e psicologico

La scena si apre con quattro ragazzi africani che spezzano il denso buio della sala con i loro abiti bianchi, cangianti, tale cromatismo ha già un forte impatto visivo e dicotomico sullo spettatore. I giovani interpreti maliani, Gotta Juan, Dembele Ousmane, Dawara Moussa Yaya, Camara Mohammud, prendendo spunto dalle parole scritte da Pasolini, si rivolgono direttamente all’intellettuale ed al pubblico presente in sala, interrogandosi in modo sprezzante, sarcastico su quale sia il loro ruolo in Europa e mettendo in luce l’ipocrisia buonista, che spesso accompagna chi si relaziona con loro e, per lavare il senso di colpa proprio della nostra fortunata condizione economico geografica, si pone in modo inconsciamente superiore: “Applausi ai poveracci africani!”. Dietro i ragazzi si stagliano un perfetto steccato bianco e una tipica casa borghese, la cui porta segnerà la netta linea di demarcazione tra la famiglia barricata nelle proprie convinzioni e l’Alter/lo straniero.

I quattro giovani malaini in una scena dello spettacolo
I quattro giovani attori migranti in una scena iniziale dello spettacolo

Da Mary Poppins al Vento da Sud Est africano 

Ai testi di Pasolini si alternano i movimenti sincopati, ritmati, simili ad una danza tribale ed i racconti in lingua madre, in francese e italiano del lungo e doloroso viaggio, dal deserto all’Europa, affrontato da questi migranti: giovani con i loro sogni e le loro speranze, l’inquietudine e l’incoscienza tipici dei loro anni. Le musiche dello spettacolo ed il titolo Vento da Sud Est ci riportano alle parole cantate da Bert (in Mary Poppins) in cui il Vento dall’Est annunciava l’arrivo di un nuovo ospite. Oggi invece il vento spira da terre ignote, ostili, aride: quelle africane, vicine a casa nostra, eppur culturalmente così lontane. L’inattesa visitatrice, prima rifiutata, suscita diffidenza, paura ed ha il volto nero ed intenso dell’interprete nigeriana Bella Aigbedion Glorynittes, novella baby sitter che si insinuerà tra le pieghe della vita e delle anime della famiglia Banks.

L’implosione della famiglia borghese

Nella prima parte della narrazione il regista mette in luce un marcato contrasto formale, che si rivela sostanziale. I corpi sportivi, energici, dalle movenze naturali dei quattro giovani, che si raccontano, giocano a pallone, si contrappongono a quelli rigidi dai gesti meccanici, dalle voci impostate, quasi robotiche dei Banks. L’autore pone l’accento sull’antitesi tra la libertà fisico/psicologica dei giovani africani animati da un forte anelito vitale, colmo di speme e la costrizione ed artificiosità dei Banks, intrappolati come automi e governati dalla società dell’apparenza, del consumismo e dalle severe regole cattoliche e perbeniste. Nella seconda metà dello spettacolo l’educazione, il contegno, la repressione emotiva propria dei componenti della famiglia vengono meno, squassati come sono dall’elemento di rottura che bussa alla loro porta e scoperchia il vaso di Pandora. La scena si trasforma, i protagonisti, prima quasi rigidi come manichini, son scossi da un forte malessere, da una carica isterica, rabbiosa e dirompente.

Bella Aighedon
Bella Aighedion Glorynittes ed i quattro attori maliani in una scena dello spettacolo

L’accettazione dello straniero

L’autore enfatizza il difficile processo di accettazione del diverso/straniero, evidenziando tutti i ridicoli luoghi comuni, gli stereotipi legati ai migranti e le debolezze, le idiosincrasie di ogni componente della famiglia Banks. L’ipocrita interpretazione del messaggio evangelico di Windfried/Patrizia Ajello, la madre bigotta, sarà contrapposta alle parole di Papa Francesco che invitano all’accoglienza e verrà messa a dura prova dalla figlia Odetta/Claudia Laganà che rigetterà la fede cattolica. Vento da Sud Est non lesina una feroce critica ai mass media, alla società dell’immagine, dei likes e degli hashtag, di cui i giovani son preda, rispondendo all’imperativo del mostrarsi e dell’omologazione per essere accettati, pur producendo mediocrità, come nel caso di Pietro/Giuliano Romeo, che scrive canzoni insulse per ottenere approvazione mediatica. Lo spettacolo, incisivo come l’opera pasoliniana, coinvolge e fa riflettere, anche in modo ironico, sull’esclusione e le disfunzioni sociali, sui ruoli interpretati e sul controllo che esercitano i media e il pensiero conformista.

Ecco il link della pagina ufficiale di Vento da Sud Est, andato in scena al Teatro India e quello dell’associazione DAF – Teatro dell’Esatta Fantasia che ha curato il progetto teatrale e d’integrazione.

Voto 7

di Anna Urru