Recensione: Insidious – L’ultima chiave, il ritorno al passato della medium Elise Rainier

Insidious arriva al quarto capitolo e lo fa nuovamente (dopo il terzo) da prequel, catapultandoci inaspettatamente indietro nel tempo. Indietro, fino all’origine di tutto, fino all’infanzia dell’amatissima medium Elise Rainier (Lin Shaye). Fino alla casa a Five Keys nel New Mexico dove la parapsicologa è cresciuta e dove, adesso, ritorna da adulta con i fidati collaboratori Specs (Leigh Whannell) e Tucker (Angus Sampson) per salvare il nuovo inquilino perseguitato, come Insidious comanda, da entità sovrannaturali.

In questo ritorno al passato, Insidious – L’ultima chiave trova il suo punto di forza. Il racconto dell’infanzia di Elise rappresenta il momento più originale e interessante del capitolo diretto da Adam Robitel. Realtà e sovrannaturale si confondono in un mondo in cui i veri mostri sono i vivi più che i fantasmi. Vittima di un padre alcolizzato e brutale (Josh Stewart), Elise svela finalmente le sue carte, mostra le proprie debolezze e l’origine del suo malessere, rivive la paura che l’ha spinta ad abbandonare persino l’amato fratello (Bruce Davison), caricando la pellicola di un tocco intimistico.

Poi, di colpo tutto finisce. Si torna bruscamente nel presente del 2010, poco prima della richiesta di aiuto della famiglia Lambert. La pellicola si spacca in due e, da qui, L’ultima chiave comincia a ripetere noiosamente la trita struttura dei capitoli precedenti, abbassando bruscamente le aspettative nate con l’inizio inaspettato. In fondo, quanto una saga arriva al quarto episodio, il rischio di creare meccanismi ripetitivi e, alla lunga noiosi, è sempre dietro l’angolo. E Insidious – L’ultima chiave questo rischio non riesce ad evitarlo. Non ci sono, in questa seconda parte, colpi scena e manca un guizzo registico che sorprenda lo spettatore.

Mentre tutto scorre esattamente come ci si aspetterebbe, senza che la violenza invada lo schermo, la tensione che l’horror richiede si alimenta esclusivamente di basici jumpscare e di atmosfere inquietanti. Non c’è un plot succulento capace di tenere lo spettatore attaccato alla poltrona e l’unico elemento che viene in soccorso a questo presente monotono sono le gag spassose di Specs e Tucker. Ma in un horror, si sa, non è la comicità a dover trainare la vicenda e renderla appetibile.

Insomma le illusioni iniziali di potersi aspettare una ventata di freschezza in una saga matura si dissolvono presto e questo ultimo (?!) Insidious, alla fine, non sa portare nulla di nuovo nelle tenebre infestate del genere horror. Non ha carattere, non sorprende, non diverte fino in fondo e nemmeno fa paura. Fa sperare, ma poi un po’ delude.

Valeria Gaetano