RFF2015: “The man in the high castle”, cosa sarebbe accaduto se la guerra l’avesse vinta Hitler? La serie vincitrice del Roma Fiction Fest

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La serie di fantapolitica creata da Frank Spotnitz, “The man in the high castle“, basata sul libro di Philip K. Dick, trionfa alla IX edizione del Roma Fiction Fest.

1962. La Seconda Guerra Mondiale è stata vinta da Hitler e dai suoi alleati, con i quali è stato spartito l’intero pianeta. Gli Stati Uniti sono da tempo divisi: la parte orientale, il “Grande Reich Tedesco” è quindi diventata un dominio germanico, mentre quella occidentale, denominata “Stati Giapponesi del Pacifico” è governata dai nipponici. In mezzo, una zona neutrale o “Stati delle Montagne Rocciose“. In questo scenario politico si svolgono le vicende di alcuni personaggi, inevitabilmente destinati ad entrare in contatto.

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Lo scenario negli ex Stati Uniti nel 1962

Joe Blake (Luke Kleintank) è un giovane di New York. Venuto a conoscenza dell’esistenza di gruppi di resistenza che si oppongono all’occupazione tedesca, si offre di unirsi a loro. Gli viene affidato un carico da trasportare a Canon City, nella Zona Neutrale: ufficialmente sono macchine per il caffè, ma in realtà sta trasportando una bobina che contiene una misteriosa pellicola dal titolo “La cavalletta non si alzerà più“. Joe riesce a partire proprio mentre inizia un raid della polizia contro la resistenza, al quale scampa per un pelo. Il suo capo non ha la stessa fortuna e, catturato dai nazisti, viene ferocemente torturato dall’Obergruppenführer John Smith (Rufus Sewell).

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Joe Blake (Luke Kleintank)

A San Francisco vive invece Juliana Crain (Alexa Davalos), insieme al fidanzato Frank (Rupert Evans). Si è integrata bene con i giapponese, tanto da prendere lezioni di Aikido (un’arte marziale a mani nude, NdR) e cucinare prodotti nipponici. Una sera sotto casa la attende la sorellastra Trudy, con cui non è in buoni rapporti, che le affida una bobina de “La cavalletta non si alzerà più” e scappa, inseguita dalla polizia giapponese che la uccide in strada poco dopo, con Juliana che assiste da lontano alla scena. Scossa per ciò che ha visto, e dopo aver visionato la pellicola in casa, la donna scopre che anche Trudy doveva recarsi a Canon City e decide di partire per scoprire la verità, contro il parere di Frank che invece le consiglia di consegnare tutto ai giapponesi.

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Juliana Crain (Alexa Davalos)

Nella città californiana lavora anche Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa), ufficiale giapponese presso l’ambasciata. E’ seriamente preoccupato per lo scenario politico che sta maturando, visto che l’anziano Fuhrer è malato e dopo la sua morte Himmler e Goebbels non si faranno scrupoli a lanciare bombe atomiche sul continente americano per conquistarne anche la parte controllata dai giapponesi. Tagomi incontra in gran segreto l’ufficiale nazista Rudolph Wegener (Carsten Norgaard) per cercare una soluzione.

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Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa) e Rudolph Wegener (Carsten Norgaard)

Era il 1962 quando il famoso Philip K. Dick scrisse un romanzo ucronico in cui ipotizzò cosa sarebbe accaduto se la WW2 l’avesse vinta Hitler (e i giapponesi). In Italia uscì con il titolo “La svastica nel sole“, che associava il simbolo nazista alla bandiera nipponica. Il grande Frank Spotnitz, creatore di “X-Files” e di “Medici: Masters of Florence” (le cui riprese sono in corso) porta sul piccolo schermo uno dei libri simbolo della fantapolitica mondiale. Molta carne al fuoco in questo avvincente episodio pilota, ricco di immagini fortemente evocative, come la svastica impressa sulla bandiera americana al posto delle stelle, e di colpi di scena (tra cui quello che chiude l’episodio). La serie, prodotta da Amazon, è composta da 10 episodi e si preannuncia come una delle migliori di quest’anno. Assolutamente da vedere, anche se al momento non è ancora stata acquistata da network italiani.

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Frank Spotnitz al Roma Fiction Fest (foto Ivan Zingariello)

VOTO: 8.5

 

 

Ivan Zingariello

 

 

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