Unsane: il thriller di Steven Soderbergh

Una settimana di riprese effettuate in segreto con il solo ausilio di un iPhone, usufruendo di un budget di 1.5 milioni di dollari.

Sono i curiosi dati relativi alla produzione di Unsane, esperimento in fotogrammi attraverso cui il cineasta americano Steven Soderbergh – autore, tra l’altro, di Ocean’s eleven – Fate il vostro gioco e La truffa dei Logan – esplora il thriller a tinte quasi horror.

Del resto, Claire Foy ne è protagonista nei panni della giovane donna in carriera Sawyer Valentini, la quale, lasciata Boston per sfuggire alla minaccia dello stalker David Strine alias Joshua Leonard, si rivolge ad una clinica psichiatrica nel tentativo di risolvere il proprio disagio dovuto alla tendenza a vivere in maniera ansiosa e sospettosa le relazioni sentimentali e professionali; senza immaginare non solo di ritrovare lì l’uomo, che ha cambiato identità, ma neppure di accettare involontariamente, raggirata dalla terapista, un ricovero spontaneo di ventiquattro ore nel posto. Perché è di una truffa tramite cui vengono trattenuti i pazienti affinché la struttura riceva il contributo della loro assicurazione sanitaria che si tratta.

La truffa che cerca di smascherare il giornalista infiltrato Nate Hoffman, interpretato da Jay Pharoah e col quale la donna stringe amicizia, infastidendo ulteriormente David, pronto anche a segregarla in isolamento.

Ma, mentre, con le fattezze della ex lady Spielberg Amy Irving, anche la madre di lei rischia di trovarsi in pericolo e subentra il personaggio della folle Violet incarnata da Juno Temple, come un po’ tutti i lavori appartenenti alla filmografia soderberghiana Unsane non manca di apparire piuttosto piatto e freddo, nonostante le buone prove degli attori su cui tende in maniera principale a costruirsi.

Attori comprendenti anche Matt Damon coinvolto brevemente nel ruolo del detective Ferguson; man mano che i dialoghi regnano sovrani e che, se si escludono il confronto finale spruzzato di violenza e il gioco psicologico instaurato subito prima tra la vittima e il carnefice, la tensione si avverte con notevole difficoltà.

Tanto che, con il desiderio di sprofondare in un sonno liberatorio, l’impressione è quella di trovarsi dinanzi ad un elaborato già pronto per essere proposto nelle prime serate estive dei palinsesti televisivi.

 

 

Francesco Lomuscio