What We Become- Recensione dello zombie movie danese

What We Become

Di film di zombie se ne sono fatti tanti nella storia del cinema. Negli ultimi anni, il genere sembra quasi essere tornato in voga. Qui ci dà la sua prova la Danimarca, con ”What We Become”.

Trama:

Ansimi agghiaccianti, una donna in lacrime e qualcosa che tenta di entrare nel luogo in cui lei si trova. E’ così che ha inizio ”What We Become”, lo zombie-horror danese diretto dall’esordiente Bo Mikkelsen. La Famiglia Johansson sta passando un’estate che terminerà bruscamente. Vi sono dei vicini, un vecchio vicino di casa dichiarato morto da sua moglie, ma che non viene più trovato. A tutto ciò, in più, si aggiunge un avviso di emergenza trasmesso dalla televisione. A Sorgenfri, quartiere vicino a Lyngby, qualcosa non va.

Un’epidemia è in corso e non ne si conosce l’origine. I cittadini vengono controllati dalle forze armate e messi immediatamente in quarantena, senza spiegar loro la motivazione. Le case vengono coperte da tendoni neri mentre le ricerche sul virus non portano a risultati accertati. Le persone verranno portate poi in alcuni camion, dove saranno brutalmente e freddamente ammazzate. Il protagonista della vicenda scappa di casa e, dopo aver visto e scoperto ciò, apre le serrature dei camion per lasciare tutti i prigionieri liberi. Gustav non sa, però, di liberare così un’orda di zombie assetati di sangue e carne umana.

What We Become
Una scena di What We Become.

Recensione:

”Ora il sole è morto e il giorno è finito.”

Dai tempi del sacro George A. Romero, dove gli zombie erano dei ritornanti, morti viventi a passo lento che divoravano i cervelli dei vivi, la specie ha subito una modernizzazione col tempo. Nonostante l’origine dell’evoluzione dello zombi avvenuta con After Death, ciò ha avuto fama dall’omaggio al papà degli zombie nel cinema e il suo cult ”Zombi’‘ del 1978. L’omaggio ricordato venne fatto da Zack Snyder con ”L’alba dei morti viventi” nel 2004. Dopo lo zombie movie coreano, stavolta siamo arrivati anche di fronte a un’opera horror danese.

What We Become”, infatti, è un recente prodotto a tema. What We Become può apparire come un dramma familiare, una situazione ordinaria e monotona, sconvolta dall’orrore dell’inevitabile.  Il film può essere considerato un’allegoria al cambiamento umano, a come si possa divenire da ”umani” (a livello sia psicologico che fisico), a veri e propri mostri privi di coscienza e sentimenti. Con una bella colonna sonora a tinte progressive e oscure, ”What We Become” ci dà un senso di claustrofobia fredda e di gelo.

Con rimandi a ”La casa” di Sam Raimi, ”Zombi” e ”La città verrà distrutta all’alba” di Romero e ”Rec” di Paco Plaza e Jaume Balaguerò, ”What We Become” appare lento e statico. Il film, strizza un po’ l’occhio a ”La notte dei diavoli” diretto da Ferroni. Non che la lentezza sia un male nel cinema, anzi molte delle più belle opere cinematografiche mai fatte possiedono ritmi lenti e ben fatti, ma non è questo il caso. ”What We Become” distrugge una continuità filmica non creando un alto strato di suspense ben congegnata, ma costruita ed eccessiva, non riuscendo così ad apparire incalzante per lo spettatore.

What we become
Marie Hammer Boda in What We Become.

Infatti, un fattore negativo della fresca opera danese ”What We Become”, è che si devono attendere almeno cinquanta minuti di tempo per vedere l’apparizione di uno zombie (personaggio clou di uno zombie movie).  E questo sarebbe anche un colpo di scena ben formulato, se non si sapesse sin dall’inizio, appunto, di ritrovarsi davanti uno zombie movie.  Una lunga durata, quindi, per un film che dovrebbe essere incentrato proprio su quella figura, che appare unicamente verso gli ultimi minuti.

Sarebbe stata un’ottima trovata se la tensione in What We Become fosse stata mantenuta col pretesto poi di esplodere in un crescendo di squilibrio apocalittico da togliere il fiato. Un po’ troppo, considerando che un film di zombie non è tale senza zombie.  La tensione sale, sale, sale… ma non si arriva a nulla se non nell’excipit del film, dove tutto viene mostrato celermente come per accontentare uno spettatore stufo e deluso. Sulla linea del vedo-non vedo, il regista scandinavo è riuscito però a creare un’opera dove la caratteristica principale, è l’attesa.

In quanto ad originalità e rigore, siamo molto lontani, dal momento che la storia non aggiunge nulla di nuovo al genere cinematografico in questione, riproponendo un’epidemia scontata e mal raccontata. Buono il cast, apprezzabili i trucchi per una fotografia che non spicca in linea di massima, ma con un difetto non trascurabile. Una sceneggiatura che non eccelle. Nonostante ciò, quest’horror danese di un coraggioso Bo Mikkelsen si lascia guardare nella sua stentata e decisamente regalata, sufficienza, dimostrandoci che ci può essere dell’orrido anche nel suo, di paese.