2028 – La ragazza trovata nella spazzatura: fuga dal futuro

Singolare produzione polacca, 2028 – La ragazza trovata nella spazzatura vede al timone di regia lo stesso Michal Krzywicki che ne è anche interprete accanto a Dagmara Brodziak.

Il fantascientifico spaccato visionario di un ipotetico futuro europeo in cui non vi è alcuna libertà mentale.

Un futuro in cui un collare tiene i detenuti sedati attraverso una sostanza particolare che li rende impossibilitati ad esprimersi e totalmente schiavi per conto della popolazione non criminale; e tra essi vi è la giovane Blue incarnata proprio dalla Brodziak, la quale, una volta liberatasi dall’aggeggio, fugge nascondendosi dalle autorità.

Fino al momento in cui viene trovata casualmente nell’immondizia dall’attivista Simon Hertz, ovvero Krzywicki, che ha annunciato online il suo suicidio per il prossimo Capodanno proprio al fine di protestare contro le norme governative che diffondono questa legge a favore della schiavitù e trasformano, di conseguenza, le persone in sorta di automi. Uniti dal destino, dunque, i due cercano di allontanarsi dalla Polonia per raggiungere la libera Svezia, senza fare i conti con le controversie che li aspettano.

Una vicenda, dunque, che, tra luci bluastre e neon richiama soprattutto nella prima mezz’ora di visione l’estetica di Blade runner, oltretutto ricordando nel plot anche l’incontro replicante donna/essere umano tra la Pris di Daryl Hannah e il sebastian di Wiliam Sanderson.

Al di là di ciò, però, a causa sicuramente dei pochi mezzi a disposizione 2028 – La ragazza trovata nella spazzatura – di cui Krzywicki e Brodziak firmano insieme la sceneggiatura – dirotta su un’estetica più classica, mentre si sviluppa come una sorta di road movie mirato a denunciare fortemente l’aria anti-rivoluzionaria della Polonia odierna.

Di conseguenza, si allontana dal mondo futuristico inizialmente proposto per spostarsi dalle parti del dramma esistenziale più scontato, perdendo la visionarietà che aveva lasciato intuire per concedersi addirittura inaspettate parentesi intimiste e fin troppo ambiziose (si pensi al rapporto tra Michal e il rigido padre).

Visionarietà sostituita anche da immagini solari volte probabilmente a simboleggiare l’allontanamento dall’oppressione della capitale polacca. Per approdare all’epilogo tanto ricercato ma neanche così originale di un’operazione che dimentica inoltre di sviluppare adeguatamente determinate idee che avrebbero meritato maggiore attenzione ( su tutte, il collare che tiene sotto scacco i detenuti).

 

 

Mirko Lomuscio