Recensione: Tonya, Margot Robbie nei panni della nota pattinatrice

Spregiudicata, forte, talentuosa e sfortunata, la pattinatrice Tonya Harding rientra tra le sportive che hanno attraversato un’esistenza costellata di avvenimenti forti che le hanno segnate non poco, sia nella vita che nella carriera sportiva.

Quindi, era prevedibile che la storia di questo singolare asso delle piste su ghiaccio avrebbe destato interesse da parte della Settima arte, tanto da dedicare a lei il lungometraggio biografico Tonya (in originale I, Tonya), fortemente voluto dalla protagonista che ne veste i panni sullo schermo: Margot Robbie, interprete di chiacchieratissimi titoli del calibro di The wolf of Wall Street e Suicide Squad, qui coinvolta anche in vesti di produttrice.

Un’opera che, come un qualsiasi documentario, apre attraverso una serie di interviste ispirate a dichiarazioni vere, ricostruite per l’occasione alla maniera di un video d’archivio; per poi passare immediatamente alla parte fiction, nel corso della quale assistiamo all’infanzia di Tonya e al suo rapporto contrastante con la violenta madre LaVona (una Allison Janney giustamente consacrata da Oscar come non protagonista). Nel mezzo, la passione per il pattinaggio, sport a cui la piccola sente di essere legata e che, crescendo, coltiverà con grande spirito di competitività nelle varie gare.

Ma la sua vita è fatta di soli bocconi amari, sia sulle piste ghiacciate che nel privato, in quanto si innamora del complicato e anche lui violento Jeff (Sebastian Stan) e, inoltre, ha la sfortuna di trovarsi ad avere a che fare con scelte sbagliate a profusione, destinate a segnarne per sempre il resto dell’esistenza.

Puro cinema documento come raramente ha modo di assistere, fatto di grandi momenti recitativi e complesse parabole esistenziali che sprigionano tutta l’emotività possibile del caso, con tanto di morale forte a riempire il tutto.

Diretta dal talentuoso Craig Gillespie, del quale ricordiamo il delicato Lars e una ragazza tutta sua con Ryan Gosling e il riuscito horror remake (di Ammazzavampiri) Fright Night – Il vampiro della porta accanto, una biografia convenzionale che, però, oltre a manifestare un certo aspetto scorsesiano, ha dalla sua un ritmo trascinante.

 Cinema di grande spessore ed umanità, racconto di vite disperate e senza redenzione sorretto da interpretazioni notevoli, a partire da una Robbie in vena di scommesse (tanto che la nomination agli Oscar se l’è assicurata e meritata) e da una Janney intensa per l’acredine che emana di minuto in minuto, Tonya si concentra prima sui rapporti della Harding con i genitori e il marito, persone annegate in una vita ricca di indecisioni e frustrazione, poi sull’incidente al ginocchio avuto da una temuta avversaria (in verità un attentato su commissione).

Muovendosi su queste due linee Gillespie alterna le già citate interviste ricostruite (tra l’altro, abbiamo Bobby Cannavale nel ruolo del reporter Martin Maddox) al resoconto dei fatti, alcuni talmente oltre da lasciare di stucco per la loro assurdità (vale la pena citare tutti i momenti che coinvolgono lo Shawn del bravo Paul Walter Hauser).

E Tonya non è solo la storia di una combattiva sportiva talentuosa funestata da un destino  beffardo, ma anche il punto di vista su un’America rurale permeata da gente senza speranza… tra le quali, appunto, la sventurata campionessa Harding (tra le poche al mondo ad aver effettuato in pista un triplo axel).

 

Mirko Lomuscio