A little story di Giulia Savi

Carissima Giulia, quando e come hai deciso di intraprendere la strada della regia?

Sogno di essere una regista da quando ho 10 anni . Racconto spesso un aneddoto : quando ero bambina c’era una serie televisiva dal titolo “Streghe” , una serie divenuta molto famosa ,di cui mi ero appassionata. Mi venne in mente ,per gioco, di immaginare una pseudo puntata. Così mi misi a scrivere. Senza saperlo, all’epoca,avevo scritto una piccola sceneggiatura che poi diedi ad alcune mie compagne di classe e le convinsi a prestarsi a quello che per me era ancora solo un gioco. Ricordo che mentre recitavano la parte io le guidavo perché il personaggio scelto per loro sembrasse più reale possibile.
Ricordo anche che avevo ipotizzato come fare gli effetti speciali ,come ad esempio far muovere un oggetto con il semplice gesto della mano . E che avevo già in testa dei piccoli flash di come mi immaginavo il risultato finale. Ancora non sapevo nulla di sceneggiature , inquadrature, ottiche.
Solo anni dopo mi resi conto di tutto ciò. Poiché all’epoca la mia famiglia non mi permise di avere una telecamera e ne capisco i motivi visto che sono sempre stata maldestra, sentivo che qualcosa era rimasto incompiuto. Così da grande ho deciso di esplorare questa mia vocazione, nonostante le difficoltà che questo genere di mestiere accompagna. Mi riferisco al fatto che , trattandosi di un mondo ancora un po’ chiuso, specialmente in Italia dove lavorano sempre i soliti attori o registi e molto dispendioso e soprattutto non venendo considerato un lavoro ‘normale’ ,ecco che cercare di realizzare ciò che ci si è prefissati diventa arduo. Per fortuna sono molto testarda e quando mi metto in testa qualcosa la porto avanti finché posso. È sempre stato il lavoro che avrei voluto fare e infatti ho sempre fatto solo questo . Perché per me non è un lavoro, è una ragione di vita . Si dice spesso ‘ trova ciò che ti piace e non lavorerai mai un giorno nella vita ‘ . Ed è quello che ogni giorno cerco di fare.
“A little story”: una pellicola dedicata al mondo e al cambiamento della prospettiva in cui il protagonista e’ un bambino. Che cosa ci puoi dire al riguardo?
Questa storia mi è venuta in mente mentre ero sul set di un altro film di un collega regista. Stavo camminando in un cimitero, dove si era appena conclusa una scena e mi venne in mente che avrei voluto realizzare un corto che avesse come ambientazione un luogo che solitamente si associa alla morte ma che parlasse di vita.
Tempo di dirmi questa frase, mi venne subito l’idea . La mia testa funziona così ,per fortuna.Poi durante la notte iniziai ad avere qualche flash . Per farla breve,mi svegliai che sapevo esattamente come girarlo. Così come accade per ogni progetto che creo.
 
Così presi carta e penna e iniziai a segnare tutte le inquadrature che volevo, il tipo di obiettivo da usare e via dicendo. Poi il mese che è trascorso prima di andare sul set ,che ho impiegato per tutti i preparativi necessari,l’ho usato per tornare alle inquadrature e studiarle in modo da essere certa che fossero le più adatte possibili per comunicare ciò che desideravo.
 
Questo corto parla dell’essere umano. Scommetto che ognuno di noi ha avuto nella vita una famiglia che gli facesse indossare un maglione che non rispecchiava i nostri gusti,oppure il dover mangiare verdure ; insomma fare qualcosa che non ci piacesse e in quegli attimi ci sembrava di avere tutto contro. Ci sentivamo come il protagonista di una storia che non veniva compreso,l’eroe contro un mondo cattivo ,perché magari non ci hanno mandato a giocare con gli amici e via dicendo.
Senza riflettere,se non da adulti,che quei gesti erano fatti per il nostro bene .
Gesti che spesso le persone comprendono quando ormai è tardi e non hanno magari più l’occasione di dire grazie. Oppure quante volte accade di vedere persone che giurano che non saranno mai e poi mai come la loro famiglia è stata con loro e ..indovina un po’? Lo diventano. E accade così senza accorgersene.
In questa storia ho voluto raccontare come spesso non ci accorgiamo di cosa abbiamo (o diamo per scontato) e che le difficoltà che noi vediamo come insommortabili ,forse non lo sono così tanto.
Sono molto contenta del lavoro svolto con i due piccoli attori Sergio Sardini e Antonio Costa. Questa è la loro prima esperienza per quanto riguarda i cortometraggi. Sono studenti della scuola di recitazione ARMITO teatro di Genova, la mia città e come sappiamo per quanto simili, l’approccio alla recitazione è completamente differente. Ma sono stati bravissimi e li ringrazio per il tempo passato insieme sul set. Anche i due attori adulti sono stati all’altezza delle mie aspettative, ringrazio pertanto Anna Giarrocco e Andrea Carbone.
Ultimo ma non per importanza, Andrea Bertero. Amico e collega da anni con cui lavoro a vari progetti e che ,tra le altre cose ,ha dato vita alla colonna sonora finale , realizzata in pochissime ore , grazie anche alla voce di Veronica Zanni .
Dopo aver visto il film, cambieremo anche noi la nostra prospettiva?
 
Con ” A little story ” quando capiamo il senso del finale, desideravo potesse essere utile allo spettatore per un’auto analisi. Così che ,come il bambino del mio cortometraggio che è entrato nel cimitero in un modo e ne è uscito “rinnovato” ,possa lo spettatore domandarsi : ma io sto facendo lo stesso sbaglio? Poi come sempre, ogni film è soggettivo. C’è chi può notare ciò chi invece concentrarsi sul rapporto di amicizia che si viene a creare tra i due giovaniNon spetta a me dire come va interpretato. Magari non accade alla prima visione, né alla seconda e forse mai. Ma il messaggio è lì. Sta alla persona che guarda decidere se leggerlo o no. Non ci resta che aspettare no?