Curiosa di natura, autocritica per vocazione e iperattiva per necessità. Attrice e doppiatrice dal 2011 tra Torino, Milano e Roma, Chiara Francese ha esplorato anche il mondo della radio, dell’improvvisazione teatrale, del canto, dei podcast, degli audiolibri, del cinema, della pubblicità e ha presentato gli eventi più improbabili tra cui molti raduni di fanclub di musicisti di cui è appassionata.

Tra i suoi lavori, la ricordiamo come la voce narrante di La piccinina e Le cicogne della Scala della scrittrice Silvia Montemurro nelle versioni audiolibro per il Narratore.

Chiara, portaci con te nel tuo mondo. Come avviene il lavoro dietro le quinte?

Vorrei fare una precisazione riguardo la terminologia che viene utilizzata riguardo gli audiolibri, perché una delle cose che mi viene chiesta più spesso è: “Come posso diventare ‘lettore di audiolibri’?” Sfaterò un mito: non esiste la professione di “Lettore di Audiolibri”. Esistono degli attori, che spesso sono anche dei doppiatori – e questo significa che dovrebbero avere una conoscenza approfondita a proposito della modulazione della voce di fronte ad un microfono, a seconda dei prodotti che andranno a registrare – che, tra le tante specializzazioni del mestiere, si trovano a INTERPRETARE un audiolibro. Va detto che un audiolibro non si “doppia”, si interpreta. La differenza tra chi legge soltanto ciò che c’è scritto e chi cerca di interpretare il testo è, a mio parere, abissale. Chi lo interpreta, cerca di ridare vita ad un testo scritto cercando di rispettarlo al massimo, provando a far rivivere quelle parole, vestendole di intenzioni e di intonazioni adeguate.

Leggere audiolibri non fa di chi li legge un doppiatore. All’interno del grande mondo attoriale ci sono diverse “specializzazioni” e ognuna prevede uno studio della tecnica adeguata e una conseguente pratica di ciò che comprende quella “declinazione” della professione attoriale.

Così il teatro, a livello di preparazione tecnica, si differenzia dal cinema, dal doppiaggio, dalla conduzione radiofonica e dalla presentazione di eventi. Ogni professione si compone di competenze differenti che occorre imparare e fare proprie.

Serve anche molta pratica per poter leggere un libro “a impronta”. Spesso non si fa in tempo e leggere il testo prima e a prepararselo adeguatamente, come si potrebbe fare per una singola lettura o un copione: i tempi sono stretti e le lavorazioni spesso convulse per esigenze economiche e di consegna. Quindi sicuramente bisogna cercare di dare sempre il massimo a livello interpretativo, cercando di essere veloci. Le pronunce raramente ci vengono fornite dall’autore quindi occorre fare una ricerca on line che, a volte, non è semplicissima – specie per lingue non intuitive o non troppo conosciute.


Cosa provi quando ti riascolti?

Questa è una domanda difficile per me. Io, ho il “brutto vizio” di essere perfezionista e molto severa con me stessa: rifarei tutto quanto, per questo non mi riascolto spesso. Non ho ancora capito se amo la mia voce o la odio. Sicuramente sono contenta di non assomigliare a nessuno in particolare. Penso che il mio modo di interpretare e recitare sia figlio di tutti i riferimenti alti con cui sono cresciuta, che mi hanno formata e che sicuramente ho introiettato, ma sono contenta di aver trovato una mia unicità, che è poi ciò a cui si dovrebbe tendere in questo mestiere: studiare i Grandi per potersi ispirare a loro, ma trovando la propria voce, la propria verità.

Le cicogne della Scala esplora diverse voci femminili, ognuna con il proprio percorso di forza, fragilità e resilienza. Quale personaggio hai sentito più affine?

Ho amato tutti i personaggi, ognuno per le proprie caratteristiche, anche e soprattutto i “cattivi”, perché hanno sfumature molto interessanti e divertenti da rendere. Mi sono ritrovata nella loro voglia di inseguire i propri sogni fino allo stremo, tentando di tutto, ma non mi sono ritrovata nella cattiveria intrinseca di alcuni. Nel mio percorso, ho sempre preferito impegno, dedizione e duro lavoro, a scorciatoie o cattiverie a scapito di qualcuno. Ho molto rispetto della mia professione e dei colleghi.

Come ho raccontato per la presentazione de “Le cicogne della Scala”, entrambi i libri di Silvia Montemurro portano il lettore a immergersi emotivamente e completamente nella storia e nei personaggi, indipendentemente dai loro ruoli “buoni” o “cattivi”. Quando la penna è fluente e sincera, per un attore è un viaggio meraviglioso dar vita a quei personaggi e io mi ci sono immersa con tutta me stessa, per poterli vestire al meglio, sperando di avvicinarmi il più possibile alla voce che Silvia avesse immaginato per loro. La cosa che amo di più dei suoi racconti è la crudezza con cui racconta le piccole, grandi cattiverie della vita. I personaggi non positivi sono davvero subdolamente crudeli, non in maniera totalmente manifesta, ma intelligente: come di fatto succede anche nella vita. Mi sono ritrovata nella grande passione di Fiamma per il ballo e nella sua frustrazione nello scoprire di non essere adatta. Mi sono ritrovata nella mancanza di competitività di Violetta, nella sua bontà, nella sua frustrazione nel dover vestire un ruolo di subordinazione, mentre avrebbe voluto e potuto seguire le sue ambizioni e provare a creare costumi a sua volta.

La cosa interessante di questo romanzo è che la frustrazione veste tutti i personaggi in maniera differente ed è stato bellissimo cercare di dare, a questo sentimento, una connotazione differente grazie alle minime sfumature della voce. Spero di esserci riuscita e di avervi fatto affezionare quanto me, a questi piccoli grandi mondi.

I personaggi che mi sono divertita di più a vestire sono stati, ovviamente gli antagonisti come Juliette, Fiamma e Anna, gli estrosi come Carramba e quelli complessi e contraddittori come Armando.

“La cosa interessante di questo romanzo – hai dichiarato – è che la frustrazione veste tutti i personaggi in maniera differente”. Come viene in aiuto la voce per dar vita a sfumature diverse?

La modulazione della voce a seconda del sottotesto che racconta il carattere dei personaggi è una parte importantissima del nostro mestiere e servono anni per affinare questa tecnica. Dovendo rendere anche i personaggi maschili, diciamo che preferisco lavorare sul loro “carattere” piuttosto che cercare di usare toni bassi meno efficaci e che mi lascerebbero meno spazio di azione sulle intenzioni, appiattendo la recitazione. Rispetto a prima, poi, avendo cura di leggere le recensioni (in particolare quelle negative) ho imparato a “caratterizzare” meno per stancare meno l’ascolto dei fruitori. Diciamo che per i cattivi posso spingermi più verso toni più spigolosi, più enfatizzati e con evoluzioni più evidenti mentre per i buoni, per i timidi, cerco di arrotondare la voce e di “sfumare” i toni. Si lavora per stereotipazione di caratteristiche. Poi, si possono aggiungere sfumature che vadano ulteriormente a colorare e vestire meglio i caratteri nella loro complessità.

Affrontare i piccoli momenti cantati in entrambi i libri di Silvia Montemurro quali abilità professionali ed emotive ti ha richiesto?

Riguardo i piccoli momenti cantati posso dire che, se nel primo libro mi hanno messo in difficoltà, perché sono una perfezionista e, non cantando più da molto tempo, ero in ansia nel non riuscire a rendere giustizia a dovere ai pezzi, nel secondo, in cui a dover essere “toccate” erano le arie più famose dell’Opera, ho provato un’angoscia pazzesca. Non prendo mai alla leggera nulla, quindi spero di essere riuscita a non rovinarle troppo. Per fortuna potevo restare comunque nel personaggio, infatti non ho cantato soltanto l’aria di Lorenzo, d’accordo con Silvia e Cristiana ovviamente, perché non avrebbe avuto senso essendo lui un tenore professionista. Recentemente sono stata per la prima volta alla Scala per la proiezione di un film in cui erano racchiuse proprio quelle arie e l’emozione che ho provato è stata pari a quella di Violetta e di Armando quando respiravano e vivevano per quel luogo pieno di magia e arte.

Infine, c’è un personaggio iconico della letteratura italiana o straniera che vorresti interpretare?

Un piccolo sogno l’ho realizzato, quello di essere stata scelta da Silvia Avallone: i suoi romanzi sono sempre stati un viaggio meraviglioso per me.

Ma devo ringraziare tantissimi autori che hanno scelto la mia voce tramite provino “alla cieca” e mi hanno dato una possibilità: sono stata fortunata, ho potuto fare dei viaggi letterari affascinanti. Laura Imai Messina, Camilleri, Pulixi, Ciabatti, Romagnolo, Raznovich, Lattanzi, Sottili, Montemurro, Ventrella, Colagrande, Heather, Nardi e tanti altri a cui devo tanto. Per il resto, devo dire che amo differenziare, ma sono appassionata di fantasy, gialli, thriller e true crime, quindi quando mi capita un romanzo di questo genere, ben scritto e avvincente, sono davvero felice.  Avrei adorato dar voce ai libri di Agatha Christie e ai romanzi di Murakami o di Baricco, oppure a saghe fantasy piene di draghi di cui ero ghiotta da bambina, ma non mi posso lamentare, ultimamente mi è capitato di interpretare “Erin, the beast player” di Nahoko Uehashi e, nonostante sia stato il libro con più pronunce che abbia mai affrontato, è stato un viaggio prezioso e bellissimo.


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