Addio a Andrzej Wajda, il più grande regista polacco. Ebbe l’Oscar Onorario nel 2000

E’ morto domenica sera a Varsavia Andrzej Wajda, il maggior esponente del cinema polacco. Il pluripremiato regista aveva 90 anni e nel 2000 era stato insignito dell’Oscar Onorario. Con L’uomo di ferro vinse nel 1981 la Palma d’Oro al Festival di Cannes, dove già nel 1957 si aggiudicò il Premio Speciale della Giuria per I dannati di Varsavia. Fra gli innumerevoli premi ottenuti, compresi riconoscimenti ai Festival di Berlino e Venezia, c’è anche un Bafta come miglior film straniero per Danton (1983). Quattro suoe pellicole ottennero la nomination all’Oscar per il miglior film in lingua straniera, non riuscendo tuttavia ad aggiudicarselo.

L’ultimo dei suoi oltre 50 film, Afterimage (Powidoki), biopic sul pittore polacco Wladyslaw Strzeminski perseguitato dal regime comunista, sarà presentato venerdì prossimo alla Festa del Cinema di Roma. E proprio la Fondazione Cinema per Roma ha voluto ricordare il grande regista polacco attraverso le parole del Presidente Piera Detassis e del Direttore Antonio Monda.

Scrive la Detassis: «“Afterimage” è una potente riflessione sull’arte e il potere. Colpisce di questo film, e dell’intera opera di Wajda, la capacità di essere sempre attuale, di trascendere i confini nazionali e di parlare un linguaggio universale. La sincerità del cinema di Wajda, l’impegno civile e la denuncia si ritrovano integri anche in questo suo ultimo intenso lavoro, che siamo orgogliosi di mostrare al pubblico della Festa».

Le fa eco Monda: «Andrzej Wajda è stato un gigante del cinema. In una carriera lunga sessanta anni, è riuscito a trasformare in arte pura un cinema che ha riflettuto costantemente sul rapporto tra libertà e dittatura, arte e potere. Ha conosciuto da vicino il nazismo e il comunismo ma, da vero artista, è riuscito ad evitare le trappole e le scorciatoie del cinema di denuncia. Sono onorato di poter presentare alla Festa del Cinema il suo ultimo, straordinario film, “Afterimage”, al quale affiancheremo, come omaggio, uno dei suoi capolavori, “L’uomo di marmo”».

 
 

Ivan Zingariello

 

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