Tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Glaviano, Ai confini del male approda su Sky Cinema e in streaming su NOW a partire dal 1° Novembre 2021.
Terzo lungometraggio diretto da Vincenzo Alfieri, dopo la commedia I peggiori, che strizzava l’occhio agli eroi dei fumetti, e il noir Gli uomini d’oro, vede protagonisti Edoardo Pesce e Massimo Popolizio, entrambi nei panni di due uomini di legge che si trovano ad avere a che fare con lo scottante caso di una sparizione di minorenni.
Il primo è stato soprannominato Canepazzo a causa del tormentato passato dovuto alla perdita di moglie e figlio in un tragico incidente, mentre il secondo è il suo diretto superiore, rigido padre di famiglia che nel caso in questione si trova più che coinvolto. Perché a scomparire sono proprio il figlio adolescente (Luca Zunik) e la fidanzata, mai tornati da un rave party. Insieme ad essi anche una ragazza la cui madre chiede disperatamente aiuto proprio a Canepazzo. Fino alla scoperta di una scottante verità.
Un lungometraggio che, a cominciare dai primissimi minuti di visione, lascia tranquillamente intuire il suo diretto punto di riferimento: il cinema di David Fincher e, soprattutto, Millennium – Uomini che odiano le donne. E Alfieri orchestra il tutto tra alzate di tensione e forti scambi di battute, in modo da costruire un prodotto capace di prendere lo spettatore alla gola, trascinandolo in un intreccio potente per la causa dark.
Man mano che è sulle spalle di un tormentato e rude Pesce che Ai confini del male intende poggiare principalmente, facendogli condividere la scena con un sempre grande Popolizio e contornando entrambi di presenze femminili, da Chiara Bassermann a Roberta Caronia. Più comprimari di un certo livello come Nicola Rignanese.
Al servizio di un universo oscuro in fotogrammi tutto italiano che presenta, però, evidenti rimandi al cinema statunitense. Elemento, quest’ultimo, che lascia emergere il grande difetto dell’operazione, in quanto, sebbene il regista dimostri di possedere una spiccata personalità nel panorama nostrano, non riesce a trasmettere l’indispensabile sensazione di originalità in merito (troppo banali sono gli accostamenti fincheriani di cui sopra).
Quindi, pur con un ritmo adatto al genere, Ai confini del male intriga poco più di un episodio de Il Maresciallo Rocca, stancando, oltretutto, attraverso una sequela di colpi di scena (qualcuno anche prevedibile) che finiscono soltanto per far apparire la visione tirata eccessivamente per le lunghe.
Mirko Lomuscio
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