Un film con gli attributi non paga mai dazio alla pigrizia delle idee prese in prestito ma riesce ad approfondire il tema rappresentato sulla scorta del carattere d’ingegno creativo.
Amiche alle Cicladi quindi per risultare sul serio un road movie al femminile con gli attributi dovrebbe in prima luogo riflettere appieno la cifra stilistica del suo autore, il regista transalpino Mark Fitoussi specializzato nel cogliere nei suoi ritratti muliebri ubbie ed empiti di gioia del gentil sesso, per riuscire in seconda battuta ad anteporre ai bozzetti esistenziali vecchi come il cucco la duttilità d’una messa in scena avvezza a congiungere all’apporto fresco della sensibilità moderna quello sempreverde dell’intelligenza.

Corroborata dalla prodiga fiaccola dell’arte che converte gli apologhi sulla complicità dei profili di Venere all’acqua di rose, incapaci quindi di scandagliare le pieghe d’indoli agli antipodi, nel succedersi di piani visivi e introspettivi. L’intesa nell’età verde, ghermita subito sulle note intradiegetiche ed extradiegetiche del gruppo musicale franco-spagnolo Gipsy Kings, immortala le quindicenni Magalie e Blandine alle prese con le slogature delle emozioni care al compianto scrittore autoctono Enzo Siciliano. Trent’anni dopo, in conformità con la voga nostalgica per l’emblematico ed evocativo tempo perduto, il disegno diventa ancora più pungente. Mostrando attraverso il compiuto gioco fisionomico catturato dalla dinamica campo/controcampo come l’inane mito dell’amicizia debba cedere spesso spazio all’improntitudine di Blandine, ex pattinatrice per diletto abilitata per necessità alla professione di tecnico di radiologia medica, che guarda, nella rimpatriata organizzatale dal premuroso figlio, dall’alto in basso l’inclinazione per la buffoneria della rediviva Magalie. Il viaggio insieme, seppur visto di malocchio lì per lì dall’anaffettiva di turno, in direzione dell’isola greca idealizzata sui banchi di scuola giacché teatro a cielo aperto dell’indimenticabile film del cuore di entrambe, Le grand bleu di Luc Besson, richiama alla mente, sotto certi aspetti, l’atmosfera malincomica e generazionale che avvolge Marrakesh Express di Gabriele Salvatores. Con la scoperta dell’alterità, costituita dal contatto con l’altrove durante un tragitto in cui ogni spirito ramingo si apre a ciò che incontra, passata dal desiderio di tornare ragazzi degli ex sessantottini milanesi con la passione per il gioco del calcio agli occhioni vispi e impudenti dell’estroversa parigina cinefila Magalie.

Una Magalie felice di poter riallacciare i rapporti di sorellanza con l’algida coetanea. Assorta nella propria permalosa solitudine da quando il marito fedifrago ha fatto fagotto per convolare a nozze con una ragazza della stessa età del sollecito rampollo. L’intarsio di scorci paesaggistici ed echi carezzevoli pare così veleggiare sulla superficie. Senza conferire forza significante né agli statici extreme wide shot né ai prevedibili dettagli ravvicinati. Inadatti a scorgere le dissipatezze nascoste dietro i sorrisi di circostanza. Nondimeno, a lungo andare, le inquadrature d’ambientazione nelle quali predomina l’ambito panoramico consentono alla scrittura per immagini, in apparenza troppo semplice ed ergo priva della virtù d’irradiare le penombre psicologiche, di dare corpo, man mano, ad alcuni elementi drammaturgici dall’incisiva rifrazione metaforica. L’affetto per quelle località esotiche che diventano gira gira familiari trascende i pleonastici colpi d’ala delle compiaciute ed enfatiche dinamiche figurative e cromatiche congiunte all’ennesima correlazione tra habitat ed esseri umani. L’ipnotica lentezza degli interludi di quiete, giustapposta alla logorrea dell’ex compagna preferita e alle epidermiche canzoni con cui persuade il più delle volte i vari dj incontrati sulla loro strada ad accontentarla escludendo la musica che va per la maggiore nell’arcipelago delle Cicladi, funge da alacre battistrada a un coinvolgente intervallo onirico. Con l’effigie delle due atipiche globe trotter tornate per magia fanciulle abbandonate al trasporto della danza, ancorate al presente nel ricordo del passato, che giustifica l’indiscussa stima ottenuta da Fitoussi con l’arguta commedia romantica La ritournelle. Aggiungendo agli assilli d’una coppia di contadini danesi catapultati in città una tastiera che ospita vertigini mentali ed eccentriche impuntature.

Le speranze infrante contro l’ostinato muro delle incomprensioni vengono adesso a galla al pari degli accesi risentimenti. Il trascorrere dei giorni, mentre la meta designata continua a sfuggire per questioni di lana caprina, acquista spicco riprendendo l’andamento casuale del New American Cinema. A ovviare a qualche ricalco eccessivo, sia pure nascosto nella valenza poliedrica dell’affresco sul cambiamento che conserva un che di enigmatico, provvede la finezza introspettiva dimostrata nell’introdurre il personaggio di Bijou interpretato dalla bravissima Kristin Scott Thomas che raggiunge il diapason alla stregua della prova fornita nel denso ed empatico mélo Ti amerò sempre di Philippe Claudel. La spigliatezza sessuale della donna di mondo, che condivide il letto col canuto Dimitris, fiero dei vincoli di sangue e di suolo, cela l’atroce punto interrogativo concernente l’esito delle lastre in merito agli impietosi noduli che l’hanno già costretta a sacrificare un seno. Allora persino lo skyline pressoché statico dell’eden comunitario, ritenuto l’epicentro della tolleranza estiva, acquista nerbo in una festa in piscina dove Magalie restituisce pan per focaccia a un grezzo animatore dai modi inospitali. L’ironia che corregge il tiro in corsa all’amaro raid nelle zone d’ombra dei presunti paradisi non basta a compensare l’assenza di un rigore strutturale. Tuttavia il valore terapeutico dell’umorismo non si arena nelle battute conclusive. Bensì consente ad Amiche alle Cicladi d’ingraziosire l’implicito mix di note gravi e allegre con un coinvolgimento estetico ed emotivo che, anziché evaporare in una bolla di sapone, lascia il segno permanente tanto del cuore quanto del cervello. Calando il sipario in piena armonia.
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