Animali fantastici – I segreti di Silente: il Wizarding World continua

Finalmente, dopo problemi produttivi, rinvii, dichiarazioni taglienti della scrittrice J. K. Rowling e stravolgimenti di cast, arriva nelle sale cinematografiche il tanto atteso Animali fantastici – I segreti di Silente, terzo capitolo del franchise prequel della celeberrima saga di Harry Potter.

Il nuovo episodio riparte qualche mese dopo quanto visto nel precedente Animali fantastici – I crimini di Grindelwald. Il mago oscuro è tornato e i suoi intenti sono chiari: spazzare via il mondo degli umani, costasse anche la distruzione di parte del mondo magico. Per portare a termine il suo scopo, Grindelwald necessita del consenso popolare mediante il potere politico vero e proprio e tenterà di raggiungerlo con l’arma migliore a sua disposizione: l’inganno.

Fondamentale sarà l’utilizzo di una docile creatura magica con poteri chiaroveggenti. A mettergli i bastoni tra le ruote c’è il solito gruppo di maghi e non, capitanato da Albus Silente (Jude Law). Lo stregone, futuro Preside di Hogwarts, non può attaccarlo direttamente per via del magico Patto di Sangue che lega i due. Quindi dovrà agire diversamente: progettare il solito piano eccessivamente intrigato i cui step sono (come sempre) sconosciuti agli altri membri, tra i quali spiccano il timido ma scaltro Newt Scamander (Eddie Redmayne), la statuaria e convincente insegnante di incantesimi Eulalie Hicks (Jessica Williams) e il simpatico babbano dal cuore puro Jacob Kowalski (Dan Fogler). Il Wizarding World riapre i battenti, dunque. Ci troviamo di fronte il terzo dei cinque capitoli preannunciati che comporranno la saga. Un autentico giro di boa che dovrebbe dare la sterzata alla storia, incanalandoci verso gli ultimi due capitoli che vedranno lo scontro finale Silente-Grindelwald, per poi (forse) trovare un appiglio che faccia da collante al già noto ciclo Tom Riddle/Voldemort. Questa sterzata avviene? Sembra di no, nonostante un buon film che rialza l’asticella dopo il poco riuscito Animali fantastici – I crimini di Grindelwald. Alla Rowling stavolta è stato affiancato Steve Kloves, già sceneggiatore dell’intera saga di Harry Potter, e i risultati si vedono, in positivo. La trama eccessivamente ingarbugliata del precedente si è ricomposta in un capitolo più ordinato e semplice, quasi esiguo nell’effettivo sviluppo: due ore e mezza sono tante per ciò che effettivamente accade. Durante la visione di un film capita di percepire un allungamento fuori luogo del soggetto; qui avviene un doppio movimento, addirittura.

Potremmo quasi definirla una scrittura “a elastico” che porta la trama a strecciarsi troppo per poi ritornare esattamente al punto di partenza, dando l’impressione solo di aver assistito ad una grande parentesi. Cosa si aggiunge alla storia? Poco. I quesiti lanciati alla fine del precedente capitolo vengono risolti anche se con estrema semplicità e poco pathos. Ai titoli di coda, si ha la sensazione di ritrovarsi alla fine del primo Animali fantastici e dove trovarli. Già, gli animali fantastici, appunto. Quelli che avevamo dimenticato in Animali fantastici – I crimini di Grindelwald. Stavolta il franchise non si contraddice. Le creature magiche tornano quasi protagoniste, affiancandosi in importanza al cast. Il regista, David Yates, ha dalla sua parte attori con la A maiuscola. Un potenziale importante al quale, se si dà in mano qualcosa di sensato e ben fatto (come in questo caso, dopotutto), possono aprirsi spiragli di luce (sebbene continuino gradualmente a defilarsi i ruoli di Scamander e dei precedenti protagonisti a favore dei soli Silente e Grindelwald). Il film funziona, è avvincente e parte subito con due ottime sequenze d’apertura. Convincono l’azione e i duelli con le bacchette, che assumono una propria originalità grazie a trovate differenti da quelle già viste in questi decenni. Ambizioso il tema del rapporto sentimentale Silente-Grindelwald, così come quello della tentata ascesa dittatoriale del secondo. Torna anche il divertimento, quell’ironia dosata bene e che si adatta al Wizarding World che conosciamo. È chiaro che diventa inopportuno ricercarvi ciò che ci donava la saga del maghetto con la saetta in fronte. È impossibile. La magia data anche solo dalla presenza dei bambini e del castello di Hogwarts non può tornare, che si sappia, per quanto si cerchi di reinserire col contagocce ambienti del noto castello o colonne sonore maestose che rievocano la saga capostipite.

Ci teniamo alla fine il capitolo forse più caldo: lo scottante avvicendamento Johnny Depp – Mads Mikkelsen. Lo faremo partendo proprio da quest’ultimo. Il Grindelwald di Mikkelsen non ha bisogno di acconciature platino o di un’eterocromia accentuata, elementi che innegabilmente danno un forte impatto visivo, adatto all’alone magico, oltretutto. Il personaggio viene resettato e plasmato sulle fattezze dello straordinario attore danese. Si mostra più “reale”, quanto cattivo e distaccato. Il villain funziona, non ci sono dubbi. Se si gioca al toto scommesse di simpatie, risulterebbe troppo facile schierarsi con il più popolare Depp. Eppure, sembra quasi che il buon John (un Grindelwald che sicuramente avrebbe potuto dire molto) venga utilizzato troppo spesso solo come mero “pupazzo” sul quale poter appiccicare trucchi su trucchi, sfruttando le sue doti mimiche innate da caratterista. Al suo posto è stato scelto un attore “vero”, senza fronzoli, (sia chiaro, NON si vuole negare la professionalità di Depp), in grado di rendere con altrettanta naturalezza il ruolo che fa da ago da bilancia a storie di un certo tipo: il villain sposta gli equilibri e il magnetico Mads lo fa. Il polverone Depp, che inevitabilmente verrà alimentato dal fan più emotivo, proseguirà. Eppure sarebbe meglio lasciarlo acquietare, quantomeno per godersi i film rimanenti senza troppi elementi di disturbo e senza il classico “Eh, ma se ci fosse stato…”. Non c’è più, stop. Ridimensionare i concetti di “affezione” è arduo ma ci si può provare. Non sia mai che da quella eliminazione squisitamente politica (scellerata e vergognosa, probabilmente) a giovarne sia proprio il franchise stesso? L’upgrade è possibile, se non già avvenuto.

 

 

Alessandro Bonanni