Fuori dal 13 gennaio “By The Night”, il nuovo EP di Antonio McFly Morelli. Nel disco si alternano tracce cantante e strumentali accompagnate da musica funk, jazz e chillout in chiave urban lo-fi.
Un disco che ci ha colpito a primo impatto e che ci ha portato a scambiare quattro chiacchiere con l’artista.

Antonio McFly Morelli si racconta
C’è un ricordo o un’esperienza notturna che ti ha spinto a dedicare un intero EP al tema della notte?
Sicuramente potrei citare l’esperienza legata alla scrittura del testo di “Graffiti”: una sera ero stato a vedere un’opera a teatro e tornato a casa non riuscivo a dormire, sarà stata l’una di notte, e mi sono messo sul letto con le cuffiette facendo partire la base della canzone. Mi sono accorto che iniziava a passarmi per la mente un testo, ho aperto il blocco note ed ho iniziato a scrivere. È stato incredibile perché era come se la testa stesse dettando parola per parola la canzone. Sono rimasto stupito del risultato che ne è venuto fuori ed ancora oggi conservo questo ricordo nella mente. Ciò che è succeso quella notte senza dubbio ha contribuito a dedicare tutto l’EP al mondo notturno.
Come cambia il tuo processo creativo di notte rispetto al giorno?
Posso dire che cambia molto perché, specialmente prima di addormentarsi, ci si lascia andare completamente al mondo dei pensieri e questo almeno nella mia esperienza agevola molto la creatività. Di notte inoltre generalmente c’è un silenzio totale e vengono a mancare quei rumori della città che inevitabilmente penetrano anche in casa rischiando di essere un fattore dispersivo. Detto questo anche di giorno è possibile ritagliarsi momenti di grande creatività; diciamo che dipende molto dall’indole di una persona e di come questa vive la vita diurna rispetto a quella notturna.
Pensi che la notte abbia un’energia speciale per fare musica?
Non saprei, probabilmente mi verrebbe da dire di sì perché per chi come me vive gran parte della giornata a fare cose, la sera è un momento di relax e questo aiuta a distrarre la mente dal resto. Il fatto di potersi dedicare completamente ad un’attività rende speciale qualsiasi momento, notte compresa.
Qual è stato il momento più significativo della tua carriera fino a oggi? Come ha influenzato il tuo percorso musicale?
Non saprei citarti con esattezza un momento in particolare, ma se dovessi proprio trovarne uno forse direi la pubblicazione di “Sound My Way”, il mio primo LP da solista. Avevo da tempo questi brani nel computer ma non riuscivo a trovare il coraggio di pubblicarli un po’ perché mi domandavo se avesse senso farlo ma soprattutto perché temevo non fossero abbastanza buoni. Detto questo però l’idea di lasciarli come sogni nel cassetto nel mio computer era sicuramente più spaventosa di quella di pubblicarli e quindi mi sono detto: “In fondo cosa ho da perdere?”; quel salto nel vuoto è quello che ancora oggi mi dà la spinta per produrre canzoni perché credo che se qualcosa viene creato valga la pena di farlo conoscere. Può piacere o meno, pazienza, ma i giudizi positivi o negativi devono comunque essere una spinta per capire dove migliorare e riprovarci.
Se potessi rappresentare la tua vita musicale con una sola canzone di questo EP, quale sarebbe e perché?
Bella domanda, senza dubbio direi la traccia di apertura “Can’t Stop” perché in questo brano mi racconto come persona ma soprattutto come musicista: ci sono momenti in cui ci troviamo di fronte a grandi cambiamenti e l’unica cosa da fare è andare avanti per la propria strada senza farsi influenzare da nessuno. Il motto della canzone infatti è: “Non arrendersi mai”. Da quando l’attività di solista è divenuta la mia produzione principale ho dovuto per prima cosa trovare un’identità come artista, qualcosa che mi rendesse riconoscibile rispetto a quanto ero stato fino a quel momento. Ci sono voluti 2-3 anni di riflessione e ricerca musicale ma finalmente posso dire di aver trovato la strada che stavo cercando. Come dico in un passaggio della canzone: “Ascolta il tuo cuore, apri la tua mente, (…) vai avanti e non pensarci due volte”. E’ un brano che ho scritto anche per incoraggiare me stesso, in effetti quando lo ascolto mi dà la carica giusta.
Hai mai ricevuto richieste o suggerimenti dai tuoi fan che hanno influenzato il tuo modo di fare musica?
In un certo senso potrei dire di sì. In questi anni ho puntato molto sul far recensire le mie produzioni sia alla stampa che agli appassionati in questo modo ho potuto fare tesoro della maggior parte dei consigli che mi sono stati dati, giusti ed appropriati. Il problema principale, come dicevo pocanzi, era fondamentalmente trovare un’identità come artista. Fino a quel momento le mie produzioni non erano né carne né pesce: per carità alcuni brani continuano a darmi soddisfazioni e senza dubbio sono risultati abbastanza indovinati, ma per altri oggettivamente mancava quel qualcosa in più che ti facesse dire “fammi riascoltare questo brano” oppure “questo è lo stile di McFly”. Sto ancora affinando questa ricerca sonora e artistica, penso di aver ancora molto da imparare però credo di aver gettato delle buone basi per il futuro.
Se potessi ascoltare “By The Night” con qualcuno che ti ha ispirato, chi sarebbe e quale canzone gli faresti sentire per prima?
“By The Night” è la risultante di un percorso sfaccettato fatto di tante influenze musicali che mi hanno accompagnato negli ultimi trent’anni. Se dovessi volare con la fantasia direi Neffa in primis perché lo rispetto moltissimo come artista, ma soprattutto perché nel genere musicale che propongo credo sia veramente competente. Inutile dire che mi piacciono le sue produzioni sia per la parte rap degli esordi che quella successiva jazz/funk, sarei davvero curioso di sapere che ne pensa del mio lavoro. Anche se dovessi ricevere un giudizio negativo credo saprebbe darmi le giuste indicazioni su dove migliorare; se gli piacesse beh, che dire, sarebbe un’enorme soddisfazione.
Quale pensi sia la sfida più grande per gli artisti emergenti oggi? Come la affronti tu?
Per quello che vedo i problemi principali a mio avviso sono di carattere artistico e discografico. Spesso mi capita di finire su pagine di artisti che mancano di un’identità più in termini musicali che promozionali: si cerca ormai di puntare tutto sull’apparenza piuttosto che sul contenuto. E’ un qualcosa di detto e ridetto, anzi, mi rendo conto anche del fatto che l’aspetto promozionale di un artista sia fondamentale per farsi riconoscere. Il problema giunge quando si preme “play” e ci si trova davanti ad un prodotto vuoto fatto solo per farsi conoscere al grande pubblico magari con testi e musiche banali o lasciate al caso. Non bisogna aver paura di non diventare famosi, anzi, credo che diventare famosi sia la cosa peggiore che può succedere ad un artista vero e proprio. Vivi di musica, il sogno di tutti, ma molto spesso per vivere di musica sei costretto a lasciare indietro quella “fame di creatività” che contraddistingue chi vuole farsi vedere per quello che è non per quello che ha. Magari sto divagando e mi rendo conto che probabilmente io stesso a certi ritmi difficilmente potrei creare prodotti di un certo tipo. Ci sono artisti però che scelgono di vivere più lentamente rispetto all’industria discografica, con il loro pubblico, le loro produzioni ed i risultati a quel che vedo sono decisamente superiori. “Less is more”, vale per la musica ma direi anche per la vita in generale.
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