Gli Zipper Blues tornano con “AOC”, un brano che ha poco a che fare con la diplomazia e molto con l’istinto. Parte con una citazione da sommelier – Appellation d’Origine Contrôlée – e poi ti tira addosso una scarica di chitarre che ti fa subito dimenticare il vocabolario francese.

AOC – Zipper Blues

Il testo gira intorno al mondo del vino, alle sue etichette, alla voglia di certificare ogni cosa. Ma ascoltandolo un paio di volte, la sensazione è che ci sia una riflessione più ampia sotto: siamo davvero alla ricerca della qualità o siamo diventati schiavi dell’etichetta? E questa domanda non riguarda solo il vino o la musica, ma anche le persone, le scelte, tutto.

“AOC” non ti dà una risposta, e fa bene. Lancia il tema, lo incolla a un suono che spinge e lascia che sia tu a fartene qualcosa. È un pezzo ruvido, tirato, che non cerca il ritornello perfetto ma punta tutto sull’impatto. Suona vissuto, come quei brani che vengono fuori quando smetti di pensare troppo e lasci parlare gli strumenti.

Gli Zipper Blues si tengono lontani dalla patina e fanno una scelta chiara: autenticità. Senza troppi giri di parole, senza smancerie. E in un momento in cui la musica spesso sembra fatta per stare bene su TikTok, sentire un pezzo così è quasi una boccata d’aria. O un bicchiere di rosso, servito senza troppe cerimonie.


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