Lo avevamo appena intravisto in Batman v Superman: Dawn of justice, prima ancora di vederlo in azione in Justice League. Ma è giunto il momento di assistere alle sue imprese da solo, al servizio della giustizia che rappresenta, contro i voleri di malvagie mentalità contorte.
Lui è Aquaman, personaggio dei fumetti DC Comics nato nel 1941 per mano di Paul Norris e Mort Weisinger, ora trasferito sul grande schermo con le fattezze del nerboruto Jason Momoa, attore dalla muscolatura vistosa e la cui filmografia include Conan the barbarian e Jimmy Bobo – Bullet to the head.
Ad essere costruito su di lui è un maestoso blockbuster che dovrebbe finalmente rendere giustizia alla storia di questo supereroe metà umano, principe degli abissi e della città di Atlantide.
Un blockbuster, Aquaman, impreziosito da un ricco e variegato cast composto da Amber Heard, Willem Dafoe, Patrick Wilson, Dolph Lundgren, Yahya Abdul-Mateen II, Temuera Morrison e Nicole Kidman; mentre il timone di regia spetta al genietto dell’horror di origini malesi James Wan, autore di Saw – L’enigmista e di saghe di successo come Insidious e L’evocazione – The conjuring, il quale ha già avuto modo di cimentarsi nella spettacolarità ad alto budget dirigendo il successo mondiale Fast & furious 7.
Figlio della regina Atlanna (Kidman) e dell’umano Tom Curry (Morrison), Arthur (Momoa) è un guerriero degli oceani che vive sott’acqua e utilizza i suoi poteri per proteggere i più deboli dalle grinfie dei criminali; tutto sotto il segno della sua città natale, Atlantide.
Richiamato da suo fratello Orm (Wilson), attuale sovrano del regno subacqueo, Arthur deve affrontare un lungo tragitto alla ricerca di un oggetto sacro e antico, un cimelio che gli consentirà di appropriarsi del ruolo di re, che gli spetta e che gli è stato tolto con poca correttezza.
Accompagnato dalla guerriera Mera (Heard), figlia di Nereus (Lundgren), si getta nell’avventura più spericolata, con il solo intento di salvare la vita ai propri cari e dimostrando che lui è il solo e unico Aquaman.
Ormai al centro di un testa a testa con la rivale Marvel, la DC Comics approda nelle sale con un altro pezzo da novanta della sua lista di supereroi, dopo aver infuocato i botteghini con Wonder woman e Suicide squad, ma senza avere il risultato sperato (in fatto di incassi) con la reunion che rispondeva al titolo di Justice League.
Aquaman di Wan, quindi, ha il compito di rialzare le sorti dei film DC, testimoniando che nulla deve temere se confrontato alle avventure degli Avengers e che di idee, in proposito, ve ne sono eccome.
Certo, se ci soffermiamo sulla sola trama di un sovrano esiliato in cerca di riscatto, è chiaro che la mente torni subito a Thor, ma in questo prodotto dedicato all’eroe degli oceani per eccellenza emerge un barlume di buona volontà, capace di rivelare la maniera in cui Wan si è saputo giostrare questo giocattolone con fare divertito e divertente, complice un ritmo calibrato.
Pecca in una certa esagerazione per quanto riguarda la CGI (i volti piallati degli abitanti di Atlantide stonano dopo un po’) e alcuni sfondi inappropriati (i peggiori sono quelli che si notano nel battibecco tra Arthur e Mera nel Sahara), però Aquaman va preso per ciò che è: fracassone e divertente, caotico e fumettoso quanto basta, adeguato al desiderio di divertimento che spettatori amanti delle strisce (e non solo) esigono da una produzione di questo tipo.
Poi vi sono i soliti cliffhanger conclusivi, nemici a se stanti (il Black Manta di Abdul-Mateen) e l’intenzione di rendere il muscoloso protagonista un simpaticone per forza (con Momoa che sfoggia una serie di battutine prese ad assottigliare la sua prestanza scenica).
Tutti elementi che si presentano come pegni da pagare e da eguagliare dopo il successo della rivale Marvel, ma senza, però, perdere di carattere. D’altra parte, Wan non è regista sprovvisto del senso dell’intrattenimento, quindi Aquaman ci regala una degna, coinvolgente visione, roboante quanto volete, ma funzionale all’universo fumettistico da cui proviene.
Mirko Lomuscio
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