Asteroid City: il gusto vintage di Wes Anderson

Asteroid City è un lungometraggio diretto da Wes Anderson, che, noto, tra l’altro, per Grand Budapest Hotel, cura anche la sceneggiatura e parte della produzione, partendo da un soggetto scritto a due mani con Roman Coppola.

Un elaborato che si rivela immediatamente curato nell’estetica, con ambientazioni che richiamano le pellicole di fantascienza degli anni Cinquanta.

La narrativa, con l’ironia surreale tipica di Anderson, si limita a descrivere la vita del drammaturgo Conrad Earp (Edward Norton) attraverso vari atti di uno spettacolo tragicomico che, da mediocre opera teatrale, si trasforma in un grande successo portato sul grande schermo a colori, e in cinemascope, all’interno del teatro stesso. Parallelamente scorrono le immagini sullo schermo intervallate da spaccati di vita del drammaturgo e di persone a lui vicine. La vicenda, ambientata, appunto, negli anni Cinquanta, parla di Augie Steenbeck (Jason Schwartzman) il quale, rimasto vedovo, intende portare i suoi quattro figli, ancora ignari della sorte della mamma, a vivere dal nonno Stanley Zak (Tom Hanks), mascherando il viaggio da gita fuori porta verso la fiera delle invenzioni di Asteroid City. Ma la storia si complica quando, al termine della fiera, la cittadina viene messa in quarantena a causa dell’avvistamento di un alieno…

Gli spunti narrativi del film, sebbene interessanti, non vengono però sviluppati a fondo nel corso del racconto, mentre si apprezza maggiormente, come già accennato, l’estetica dei costumi e delle ambientazioni. Scarlett Johansson, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Adrien Brody, Liev Schreiber, Hope Davis, Steve Park, Rupert Friend, Maya Hawke, Steve Carell, Matt Dillon, Hong Chau, Willem Dafoe, Margot Robbie, Tony Revolori, Jake Ryan e Jeff Goldblum, Sophia Lillis, Rita Wilson popolano il ricco cast, in parte come personaggi principali, in parte cimentandosi in apparizioni nel corso della narrazione. In ogni caso, Asteroid City è un’operazione adatta di sicuro ai cultori del vintage cinematografico, grazie anche a determinate scelte della fotografia che, in particolar modo nelle inquadrature frontali e fisse, ricorda le atmosfere statiche dei primi film dell’inizio del XX secolo.

 

 

Lea Borniotto