Astolfo: Di Gregorio cerca casa

A tre anni da Lontano lontano, suo quarto lungometraggio, il romano Gianni Di Gregorio – conosciuto in particolar modo grazie al folgorante debutto registico Pranzo di Ferragosto – torna davanti e dietro la macchina da presa con Astolfo, prima fatica in cui parla dell’amore.

E, ovviamente, veste i panni del pensionato suggerito dal titolo, il quale, di colpo sfrattato dal proprio appartamento nella capitale italiana, si stabilisce nella vecchia casa di famiglia, sita in un paese del centro dello stivale tricolore.

Un rudere, che, un tempo palazzo nobiliare, scopre essere stato nel frattempo occupato da un altro povero disgraziato come lui: l’Alberto Testone col quale, dunque, si ritrova a convivere pacificamente; man mano che ai due si aggiunge anche un Gigio Morra piuttosto abile nella cucina.

Una vita di provincia a cui si adegua pian piano, tra azzuffate con il sindaco Simone Colombari e passeggiate insieme al vecchio amico Alfonso Santagata, tramite cui conosce una coetanea Stefania Sandrelli che gli fa perdere la testa.

Perché è sulla progressiva entrata in scena delle diverse figure che lo popolano che si costruisce Astolfo, al cui interno si trova anche il tempo di omaggiare televisivamente due classici della Settima arte del calibro di Colazione da Tiffany di Blake Edwards e Pane, amore e fantasia di Vittorio De Sica.

Una commedia che, pur abbondando in esterni di taglio rurale, non cela affatto la propria forte componente teatrale riconoscibile, come in tutti i film dell’attore-regista, nella grande importanza conferita alle prove sfoggiate dal cast, comprendente anche un Andrea Cosentino in abito talare, il Mauro Lamantia di Notti magiche, la Francesca Ventura del popolare telefilm I ragazzi della 3ª C e Agnese Nano.

Con la risultante di meno di un’ora e mezza di visione che rispecchia pienamente gli stilemi a cui Gianni Di Gregorio ci ha abituati, dall’ironia che traspare da buona parte dei personaggi alla piacevole atmosfera generale.

Stilemi che fanno tranquillamente rientrare Astolfo in quello stuolo di gradevoli opere cinematografiche che, come un po’ tutte quelle sfornate dal cineasta trasteverino, si rivelano adatte in particolar modo al pubblico di non più giovanissime coppie.

 

 

Francesco Lomuscio