Se in apertura veniamo immediatamente avvertiti del fatto che il film che stiamo per vedere è basato su una storia vera il motivo è semplice: Benvenuti a Marwen altro non è che l’adattamento cinematografico del documentario del 2010 Marwencol, riguardante la figura di Mark Hogancamp.
Ma, incarnato da uno Steve Carell sempre più in vena di performance da premio Oscar, chi è quest’ultimo?
Trattasi di un ex marinaio che, lavorante in un ristorante di Kingston e, a quanto pare, caratterizzato da una certa bizzarra passione per i travestimenti femminili un po’ come l’Ed Wood raccontatoci su grande schermo da Tim Burton, proprio per questo motivo ha subìto a New York una violenta aggressione da parte di cinque individui.
Un’aggressione risalente al 2000 e che ha finito per cambiargli drasticamente l’esistenza, come è possibile apprendere nel corso delle quasi due ore di visione messe in piedi dal Robert Zemeckis autore di Forrest Gump e della trilogia Ritorno al futuro.
Del resto, non manca neppure un evidente omaggio alla DeLorean grazie alla quale viaggiava nel tempo il giovane Marty McFly alias Michael J. Fox nel corso di un racconto per immagini il cui protagonista artista e fotografo, a causa dei violenti colpi presi divenuto incapace di disegnare e sofferente di un’amnesia che gli impedisce di ricordarsi della propria vita adulta, decide di cercare di guarire la memoria costruendosi un villaggio per bambole chiamato, appunto, Marwen.
Un villaggio in stile Seconda Guerra Mondiale, come è possibile apprendere fin dai primissimi minuti di visione che, infatti, ricreano una situazione bellica affrontata in maniera affascinante da questi piccoli pupazzi.
Soltanto uno dei momenti vicini allo Small soldiers di Joe Dante e che, tra colonna sonora comprendente evergreen del calibro di Chapel of love delle Dixie Cups e I only have eyes for you dei Flamingos e progressivo innamoramento di Hogancamp nei confronti della nuova vicina di casa Nicol, interpretata da Leslie Mann, provvedono ad alternare un accattivante universo di fantasia alla non proprio rosea quotidianità dell’uomo in questione.
Uno stratagemma narrativo che, però, rischia in più occasioni di generare confusione; man mano che ci si chiede, tra l’altro, se le donne siano la salvezza del mondo e se alcuni di noi sono destinati a rimanere soli.
Sebbene, senza generare troppi entusiasmi, si lasci tranquillamente guardare Benvenuti a Marwen, fatica zemeckisiana meno ottimista del solito che, immersa in dipendenze assortite, cerca di filtrare attraverso l’intrattenimento da favola hollywoodiana (per adulti, però) l’importante e, purtroppo, intramontabile tematica dell’intolleranza… qui con l’omofobia in prima linea.
Francesco Lomuscio
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