Berto è un nome da tenere d’occhio nel panorama emergente della musica italiana. Autenticità, cambiamento e coraggio sono i tre pilastri che sostengono il suo primo singolo ufficiale, “Chiamami”, un brano dalle tinte intime e malinconiche, ma anche profondamente luminose. In un momento in cui tanti giovani artisti cercano la propria voce, Berto la sua l’ha trovata lontano da casa, tra l’Australia e la Danimarca — due luoghi che non sono solo sfondo geografico, ma parte integrante del suo percorso personale e musicale.

In questa intervista esclusiva, Berto ci porta dentro le emozioni, le paure e le speranze che hanno dato vita a “Chiamami”: un messaggio audio diventato canzone, una richiesta semplice che racchiude tutto il bisogno di connessione, verità e rinascita. Tra nostalgia e libertà, scopriamo un artista che ha scelto di raccontarsi senza filtri, con la voce e le parole di chi ha deciso di non tornare indietro.

Leggi l’intervista completa e lasciati attraversare da una storia vera, fatta di distanze, viaggi e musica che cura. Perché Berto non è solo un nome: è un modo nuovo di essere se stessi.

“Chiamami” è il tuo primo singolo ufficiale: che sensazione si prova a condividere una parte così personale del proprio vissuto con il pubblico?

Sicuramente è una liberazione. Scrivere mi fa stare meglio, mi aiuta a tirare fuori quello che ho dentro. Ma la cosa più forte è condividerlo. Quando racconti la tua storia, non lo fai solo per te, ma anche con la speranza che possa servire a qualcun altro. Magari qualcuno si ritrova nelle mie parole e si sente meno solo, oppure trova il coraggio di cambiare qualcosa nella sua vita.

“Chiamami” è un inno al cambiamento, al non accontentarsi. A non farsi schiacciare dalla nostalgia, ma usarla per crescere, per migliorare. Io ho fatto un viaggio, vero e proprio, ho lasciato casa e tutto quello che conoscevo per cercare qualcosa di più. E quella scelta mi ha messo davanti a tante difficoltà, ma anche a tanta verità su me stesso.

Condividere tutto questo è un atto di sincerità. Ti esponi, sì, ma è anche il modo più bello per entrare in contatto con chi ascolta. Per dire: “Guarda che ci sono passato anch’io, non sei l’unico”. E alla fine, è questo che voglio fare con la mia musica: raccontare chi sono, con i miei sbagli, le mie paure e la mia voglia di non arrendermi.

Il brano nasce da esperienze reali e luoghi concreti: come hanno influito l’Australia e la Danimarca sulla tua scrittura e sul tuo modo di vedere il mondo?

L’Australia e la Danimarca mi hanno dato tanto. Sono posti dove si respira libertà, dove il contatto con la natura è forte e i paesaggi ti lasciano senza parole. Tutto questo mi ha ispirato molto nella scrittura. Ma non è solo una questione di luoghi: è anche la gente, le culture diverse, il modo in cui si vive.

Una cosa che mi ha colpito è l’attenzione che danno alla qualità della vita. La gente sembra vivere con più equilibrio, si dà tempo per sé, per stare bene. Questo mi ha fatto riflettere tanto sul mio modo di vivere e su quello che davvero conta.

Stando lì mi sono sentito più libero anche dentro. Mi viene più facile mettermi a nudo, raccontare davvero chi sono, perché non sento più il peso del giudizio. Quando ti trovi lontano da casa impari ad ascoltarti di più e a capire cosa vuoi davvero.

Queste esperienze mi hanno cambiato, e questo cambiamento si riflette anche nella mia musica. Oggi scrivo in modo più sincero, più diretto, senza maschere.

Nel testo parli di distacco, nostalgia e rinascita. Hai mai avuto paura che il cambiamento potesse allontanarti da chi eri prima?

Sì, la paura c’è stata. Quando decidi di cambiare davvero, soprattutto se lasci casa e tutto quello che conoscevi, hai sempre il dubbio di poterti perdere. Lo sconosciuto fa paura. Ma col tempo ho capito che il cambiamento non ti allontana da chi sei, ti aiuta a scoprirti meglio. Ti toglie tutto il superfluo, e alla fine resti tu, più vero di prima.

La nostalgia a volte pesa, perché ti ricorda quello che hai lasciato. Ma ho imparato a guardarla come una forza, non come un freno. È anche grazie a quella sensazione lì se oggi sono più consapevole di quello che voglio, di chi voglio essere.

Ho capito che puoi cambiare vita senza dimenticare da dove vieni. Anzi, è proprio portandoti dietro certe radici che riesci a crescere davvero. In “Chiamami” c’è tutto questo: la paura, il distacco, ma anche la voglia di rinascere e di restare fedele a me stesso, anche in una versione nuova.

In “Chiamami” c’è un messaggio audio che diventa il cuore simbolico del brano. Quanto contano le voci, le parole non dette, nelle relazioni a distanza?

In “Chiamami” il messaggio audio è il cuore del brano perché rappresenta quel filo sottile che tiene insieme due persone anche quando sono lontane. Spesso, nelle relazioni a distanza, le voci e le parole non dette pesano tanto quanto quelle che si riescono a esprimere. Io stesso, mandando un messaggio a un amico lontano, sento tutta la nostalgia di chi vorrebbe essere vicino, ma anche la speranza che quel contatto, per quanto piccolo, possa fare la differenza.

Come dico nella seconda strofa, “in fondo se sei lontano ti senti un po’ più vicino” — spesso diamo per scontato tutto quando siamo vicini, mentre la distanza ci fa capire davvero il valore di una voce, di un messaggio, di una parola.

Quando il mio amico mi ha risposto dicendo che in Italia le cose non stanno cambiando, ho sentito quella realtà dura, ma anche la conferma che a volte il cambiamento più grande non è fuori, ma dentro di noi. Quel messaggio, quella voce che arriva dall’altro lato, è un modo per non perdersi, per non arrendersi, per restare vicini nonostante tutto.

Le parole non dette, le pause, le emozioni nascoste sono importanti quanto le parole dette, perché raccontano la verità di un rapporto. In fondo, “Chiamami” parla proprio di questo: di cercare e mantenere quel legame vero, anche quando la realtà intorno sembra immobile o difficile da cambiare.

La tua vita sembra un continuo movimento. Cosa cerchi quando viaggi? E cosa ti porti dietro ogni volta che riparti?

La mia vita è sempre in movimento perché cerco stimoli, non sopporto una vita piatta. Viaggiare mi dà la possibilità di scoprire cose nuove, incontrare persone diverse, vivere emozioni intense. Però, ogni viaggio porta anche il peso delle relazioni che si creano e poi si lasciano.

Quando sei in viaggio, condividi emozioni forti con chi ti sta vicino, e quando arriva il momento di separarsi, è normale sentirsi un po’ tristi. Ogni volta che riparto mi porto dietro quei ricordi e quelle emozioni, anche se a volte fanno male. Ma sono parte del viaggio, della crescita.

Hai iniziato a scrivere in modo molto spontaneo, persino usando le cuffiette. Com’è stato poi entrare in uno studio vero e proprio per costruire questo pezzo?

Entrare in uno studio vero è stata una bella sfida. I microfoni prendono ogni minimo dettaglio della voce, e il mio obiettivo, che è ancora una sfida, è riuscire a trasmettere davvero il sentimento che ho dentro quando canto.

Non è facile, ma è importante per me che chi ascolta senta quello che sto vivendo.

Ti ricordi il momento esatto in cui hai pensato: “Questa canzone voglio farla uscire, voglio farla ascoltare a tutti”?

Non ricordo un momento preciso in cui ho pensato “voglio far ascoltare questa canzone”. Però quando l’ho riascoltata ho sentito un’emozione forte che mi ha fatto capire che valeva la pena condividerla.

Il titolo “Chiamami” sembra quasi una richiesta semplice, ma in realtà racchiude tante emozioni. Cosa rappresenta per te quella parola?

​​Per me “Chiamami” non è soltanto il titolo di una canzone. È quel bisogno di sentirsi vicini, anche quando si è lontani, di non essere dimenticati. È un modo per dire “Ci sono, anche se non sono qui con te”. Dentro c’è tutta la voglia di restare legati, di non perdere il contatto con chi conta davvero.

In che modo la musica ti ha aiutato a dare un senso alle scelte difficili che hai dovuto affrontare negli ultimi anni?

La musica per me è stata quasi una terapia, come uno psicologo che mi ascolta quando non ho vicino le persone più importanti della mia vita. Nei momenti difficili, scrivere e cantare mi ha aiutato a capire quello che sentivo dentro, a mettere un po’ d’ordine nei pensieri. La musica mi ha dato forza, compagnia e anche nuovi obiettivi, che per me sono diventati importantissimi nella vita.

Se potessi mandare un messaggio al te stesso di cinque anni fa, che stava iniziando questo percorso, cosa gli diresti?

Se potessi parlare con me stesso di cinque anni fa, gli direi che ha fatto bene a cambiare. Quando non sei felice della tua vita, cambiare è l’unica cosa che può salvarti. Cosa può davvero succedere di male? Se continui a fare quello che non ti piace, ingabbiato in una routine che non ti appartiene, rischi di perdere la battaglia e vivrai nell’infelicità. Probabilmente è proprio quello che sarebbe successo a me se non avessi fatto quello che mi sentivo dentro o avessi ascoltato gli altri.


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