Con “Bloodbath” i Biorisk riscrivono le regole del rap metal italiano. Tra riff anni ’90, groove hip-hop e atmosfere elettroniche, la band bresciana debutta con un singolo potente che anticipa un progetto ambizioso. Un’identità sonora unica, ricca di citazioni e visioni mistiche.

Ragazzi, è un piacere avervi qui. “Bloodbath” risente delle influenze musicali del passato, ma è adattato alla contemporaneità: come avete creato quest’armonia?

Bloodbath nasce delle menti e dalle anime di persone con un background che spazia dalla musica rock anni 70 ai più moderni sottogeneri dell’heavy metal e del rap underground. Ci piace mixare generi diversi, rendendo la canzone unica e originale.

Parlando del vostro album, quali sono i temi che avete deciso di trattare?

Beh, i temi che tocchiamo si basano sull’attualità ma con una prospettiva senza tempo

Alcuni, ad esempio, sono: le cattive notizie con cui veniamo bombardati che manipolano la mente delle persone. L’amore tossico e al contempo salvifico. Il senso di dispersione, annullamento e alienazione dell’essere. La voglia di evasione. La necessità di liberare la mente attraverso l’onirismo e il misticismo.

C’è un brano a cui siete particolarmente legati? Perché?

Attraverso le porte della chiave d’argento è un brano che ci piace particolarmente suonare assieme perché ci permette di viaggiare in dimensioni cosmiche inenarrabili.

Se doveste descrivere la vostra musica in tre parole, quali sarebbero?

Cross-prog-stoner.


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