Bogside story: quando pittura, fotografia e cinema raccontano la storia

Tanti volti racchiusi in un cerchio. Uomini intenti a scappare. Una bambina dall’aria timida, con le mani incrociate. Una donna che legge qualcosa usando un megafono. Sono sono alcune delle immagini raffigurate negli importanti murales realizzati dai Bogside Artists – formati dai fratelli Tom e William Kelly, insieme a Kevin Hasson – ispirati alle fotografie del giornalista italiano Fulvio Grimaldi.

Il Fulvio Grimaldi che, il fatidico 30 Gennaio 1972, si trovava proprio nella cittadina nordirlandese di Derry e ha, dunque, avuto modo di testimoniare quel terribile Bloody Sunday in cui, durante una manifestazione per i diritti civili, il 1° Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico aprì il fuoco contro la folla, uccidendo ventisei persone.

Quale mezzo migliore di una – o più – opere d’arte, dunque, per testimoniare ciò che è accaduto? Il lavoro di questi tre artisti ci viene raccontato dai registi Rocco Forte e Pietro Laino nel loro documentario Bogside story, in cui possiamo vedere come pittura e fotografia convergano per farsi importanti documenti storici.

Con una struttura ellittica – che si apre e si chiude con le registrazioni audio originali dello stesso Grimaldi, prese proprio durante il suddetto massacro – Bogside story, fatta eccezione per singoli e isolati momenti in cui vediamo toccanti manifestazioni atte a commemorare le vittime del Bloody Sunday, ha una messa in scena piuttosto classica, con tanto di interviste a chi ha vissuto in prima persona la tragedia e necessarie didascalie esplicative.

Lineare, classico, ma, giustamente, essenziale, nel non voler inserire a tutti i costi virtuosismi registici che, in questo caso, risulterebbero soltanto superflui.

Al di là dell’esposizione del lavoro dei tre artisti, al di là delle importanti testimonianze degli eventi storici, come già accennato, la peculiarità di un lavoro come Bogside story è proprio quella di indicare come due arti – pittura e fotografia – diventino fondamentali nel tramandare la storia. Il cinema, dal canto suo, narrando il tutto tramite il presente documentario, fa il resto.

Ultima considerazione: vedendo un documentario che ci mostra degli artisti che, partendo da fotografie, creano singolari murales, non possiamo non pensare anche al bellissimo Visages Villages (2017) di Agnès Varda e JR. Ma questa, ovviamente, è un’altra storia.

 

 

Marina Pavido