Boia, maschere e segreti e Mondo sexy: alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia due documentari ci riportano agli anni d’oro della Settima arte italiana

Negli anni Sessanta la nostra cinematografia era commercialmente molto florida e l’offerta alquanto variegata: oltre alle cosiddette “commedie all’italiana”, con  gli attori e registi “mostri sacri” che tutti noi ricordiamo, e ai grandi film d’autore, proliferavano tantissimi filoni, dal western allo spionaggio, dalla fantascienza ai “musicarelli”, dallo storico-mitologico al giallo erotico “soft”.

Opere in genere a basso costo, che, però, portavano grandi quantità di denaro al botteghino, rivitalizzando il mercato e consentendo ai produttori di reinvestire su pellicole più difficili e “impegnate”. Molti di questi prodotti erano addirittura esportati all’estero con riscontri importanti.

Questo meccanismo, col passare degli anni, è cambiato e oggi assistiamo a un mercato asfittico, dove il cosiddetto “film di genere” è praticamente scomparso e i nostri progetti non oltrepassano gli italici confini. A ricordarci quella irripetibile stagione di creatività e di successi commerciali vi sono due documentari distribuiti dalla Film Compass, entrambi presentati alla settantaseiesima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Si tratta di Boia, maschere e segreti: L’horror italiano negli anni Sessanta, con la regia di Steve Della Casa, e Mondo sexy, scritto e diretto da Mario Sesti, dedicato a sua volta al documentario erotico tricolore degli anni Sessanta.

Prodotto da Pierfrancesco Fiorenza per la società Prestazione Straordinaria, il primo dei due lavori, come si evince dal sottotitolo, è dedicato ai film della “paura” realizzati nel periodo indicato ed è ricco di spezzoni tratti da horror di Mario Bava, Riccardo Freda, Antonio Margheriti, Guido Zurli, Alberto De Martino, Camillo Mastrocinque e molti altri, veri e propri registi di culto dell’epoca. Il documentario di Steve Della Casa, in concorso al Lido nella sezione “Classics”, si avvale, tra gli altri, degli autorevoli interventi di Dario Argento, Pupi Avati, Carlo Cotti, Jean Gili e Bertrand Tavernier, grazie ai quali si ripercorrono le particolarità e i punti forti di un approccio molto originale, in cui estetica pop e contenuti trasgressivi hanno un ruolo molto importante, che rende unica quel tipo di produzione.

A proposito di quel particolare settore del cinema popolare italiano, Della Casa ha dichiarato di considerarlo un universo ricco di fascino in parte, però, inesplorato. Per quanto riguarda la ristrettezza dei mezzi finanziari, Steve non ritiene di considerarla un limite, ma una possibilità di sperimentare grandi innovazioni sul piano estetico e anche nei contenuti. Boia, maschere e segreti ha il merito di riproporci l’attrice icona dell’horror all’italiana, Barbara Steele, una bellezza algida e inquietante che è davvero passata alla storia, occupando un ruolo fondamentale nel cinema di genere.

Altrettanto valido è il documentario di Mario Sesti sul filone sexy, caratterizzato da immagini di repertorio di dodici film “documentari” erotici di autori come Giuseppe Scotese, Osvaldo Civirani e Mino Loy.

Un ritmo ed uno stile di montaggio incalzanti, a tratti quasi ipnotico, scorre nelle sonorità contemporanee create ad hoc dal compositore Federico Badaloni, che si fondono con la voce narrante dell’autore e con l’audio originale delle immagini di repertorio. È un viaggio nel mondo dello striptease e nella vita notturna degli anni Sessanta di città come Parigi, Londra, New York, Hong Kong, Tokyo e altre località esotiche, mappate dall’immaginario popolare nella forma del reportage evocativo  dell’universo del proibito, del nudo, del desiderio.

Attraverso l’analisi e la decostruzione di stereotipi culturali, discriminazioni etniche, figure ricorrenti e cliché visivi, il film di Mario Sesti, con il supporto della testimonianza di esperti, autori dell’epoca, giornalisti, critici e studiosi, traccia quindi la distanza che ci separa da quello sguardo su stereotipi sessuali, sfruttamento e abuso dell’immagine del corpo femminile e il modo controverso e contraddittorio in cui questo è rappresentato al giorno d’oggi.

Anche Mondo sexy, realizzato col medesimo assetto produttivo del precedente, fa parte del listino delle proposte veneziane, ma fuori concorso, nella sezione “Giornate degli Autori”.

Da sottolineare che entrambi i lavori si avvalgono del laboratorio Augustus Color per la post-produzione audio e video e per il restauro e la digitalizzazione dei vecchi film, con la supervisione di Alessandro Pelliccia. In definitiva, due operazioni  “di recupero” molto interessanti che faranno scattare l’effetto nostalgia a chi ha vissuto quel particolare periodo storico e, nel contempo, consentiranno alle giovani generazioni di apprezzare un mondo artistico e “culturale” che non esiste più.

 

Pierfrancesco Campanella