Carmen Di Marzo, attrice napoletana di straordinario talento, ha conquistato il pubblico con i suoi ruoli in Mare Fuori 4 su Rai e in Piedone – uno sbirro a Napoli su Sky. Dopo quasi due decenni di carriera tra cinema e teatro, Carmen continua a brillare e presto il pubblico la vedrà nella fiction Rai Roberta Valente notaio in Sorrento, diretta da Vincenzo Pirozzi. La sua arte ha emozionato platee in tutta Italia con monologhi come Rosy D’Altavilla. L’amore oltre il tempo e 14 wo(man). Ora, con Il Cuore Inverso, Carmen Di Marzo dimostra ancora una volta la sua straordinaria capacità di dare vita a storie che toccano profondamente lo spettatore.
La vedremo il 18 e 19 gennaio al Teatro Sancarluccio di Napoli e poi sarà in tournee in tutta Italia. Lo spettacolo è un monologo intenso e vibrante di Nando Vitali con la regia firmata da Paolo Vanacore, musiche originali di Alessandro Panatteri, scene curate da Alessandra De Angelis e i costumi realizzati da Red Bodò.

Carmen, cosa ti ha spinto ad accettare il ruolo di Lauretta ne Il Cuore Inverso e cosa ti ha emozionato di più di questo personaggio?
Erano anni che avevo voglia di portare in scena una donna partigiana, ma non riuscivo a trovare una strada precisa. Non volevo raccontare in modo scontato e un po’ abusato un tema che mi è sempre stato molto caro come quello della Resistenza. Quando Nando Vitali mi ha proposto il suo bellissimo testo, ne sono rimasta incantata, perché poneva l’accento in modo determinante sul ruolo delle donne, precisamente delle staffette che sono state indispensabili nell’ambito della guerra di liberazione italiana.
Interpretare una giovane partigiana comporta un forte coinvolgimento emotivo. Come hai lavorato per calarti nelle sfumature psicologiche di Lauretta?
Il lavoro è stato molto impegnativo, perché lo spettacolo si sviluppa su due livelli di racconto. Da un lato c’è il passato di Lauretta e quindi tutta la sua giovinezza al servizio degli ideali, della cooperazione tra le varie brigate, del comunismo e di una libertà intima e profonda. Dall’altro c’è il presente di Lauretta, ovvero una donna che convive con un disagio mentale causato da una vita di sacrificio, eroismo, ma anche di torture.
Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato nel portare in scena un monologo così intenso e come le hai superate?
Il primo pensiero che mi è venuto in mente leggendo il testo e poi lavorando con il regista Paolo Vanacore…è stato quello di voler essere all’altezza. Ho avvertito una responsabilità importante. Ho sentito l’entusiasmo, ma anche il dovere di rievocare in modo profondo una pagina della storia di cui ci vantiamo, ma senza esserne realmente consapevoli. Ho provato a scavare in quella consapevolezza e ho trovato tante di quelle emozioni che a un certo punto mi sono sentita al sicuro.
In che modo la tua esperienza in produzioni televisive come Mare Fuori e Piedone ha influenzato la tua interpretazione teatrale in questo spettacolo?
Sono cose molto diverse, quindi, non c’è stata nessuna influenza, ma posso dire che il bagaglio di esperienza mi dona una continua prontezza e sicuramente una voglia di rischiare sui terreni meno facili.
Secondo te, quale messaggio de Il Cuore Inverso è più importante trasmettere al pubblico oggi e cosa speri che le persone portino con sé dopo lo spettacolo?
Credo che il messaggio più importante dello spettacolo sia quello di riscoprire una coscienza collettiva importante e che è andata perduta. I partigiani continuano a insegnarci parole d’oro: collaborazione, lotta, sacrificio, coraggio, amore. E la parola che mi piace più di tutti, INSIEME. Uomini e donne.
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