Cattive storie di provincia: la realtà non è mai ciò che sembra

Diretto dal giovane cineasta Stefano Simone, Cattive storie di provincia è ambientato a Manfredonia: un luogo indubbiamente ricco di attrattiva, ma, allo stesso tempo, una piccola città che, al suo interno, può custodire i più cupi segreti.

Realizzato con un budget molto basso e iberamente tratto da alcuni episodi dell’omonimo romanzo scritto da Gordiano Lupi, Cattive storie di provincia si presenta immediatamente come un omaggio al classico di Alfred Hitchcock La finestra sul cortile.

Eppure il regista non manca di dare vita ad un linguaggio tutto suo nel mettere in scena le vicende di uno scrittore in crisi (interpretato da Luigi Armiento) che, dalla finestra di casa sua, osserva semplicemente ciò che lo circonda, scoprendo realtà del tutto nuove di cui, un tempo, non avrebbe neanche minimamente immaginato l’esistenza.

Protagonista assoluta dell’intero lungometraggio è, appunto, la provincia, con tutte le sue possibili sfaccettature. Stefano Simone, dal canto suo, si diverte a giocare con gli stereotipi del cinema di genere, evitando, tuttavia, di mostrarci scene esplicite, ma, al contrario, lasciando ampio spazio ai dialoghi e alla psicologia stessa dei personaggi.

Un’impostazione, dunque, prevalentemente teatrale, per un copioso uso di camera a spalla e di una fotografia dai colori saturi, atta a caratterizzare ancora di più i controversi ambienti qui rappresentati. Il tutto per un noir psicologico che fa di tutto al fine di superare i limiti produttivi e che gioca principalmente di suggestioni, facendosi forte delle ambientazioni indubbiamente accattivanti.

E se, inizialmente, la location qui rappresentata poteva sembrarci a suo modo tranquilla e accogliente, pian piano, le cose cambiano in Cattive storie di provincia e tutte le idee che ci eravamo fatti in un primo momento vengono del tutto ribaltate. Con il risultato finale quale ritratto di un luogo angusto e inquietante, dove non è assolutamente possibile dormire sonni tranquilli.

 

 

Marina Pavido