Con voce calda e arrangiamenti essenziali, Labinero affronta il lato invisibile del lasciare: quello pieno di rimpianti, dubbi e rispetto. Un brano che tocca corde profonde senza cercare scuse, e una riflessione sincera su quanto amore ci voglia per dire addio con verità, senza trasformarlo in fuga.

Da dove nasce l’ispirazione per il nuovo singolo “Com’è difficile”?

Nasce dall’osservazione dei gesti piccoli, quelli che sembrano banali ma segnano una vita. Una porta che si chiude, una pianta dimenticata, una bambola che sembra piangere. Sono immagini che mi si sono affacciate nella mente come fotografie, e ognuna raccontava una forma diversa di separazione. L’ho scritto per raccontare che a volte lasciare non è una liberazione, ma un atto doloroso, necessario, e profondamente umano.

Quali emozioni prevalgono all’interno del brano?

C’è la fatica, ma non quella di chi è indeciso: una parte di te sa che deve andare, e vuole farlo. Solo che l’amore, quando si trasforma in bene profondo, ti impedisce di lasciare a cuor leggero. Sai che farai soffrire qualcuno a cui, in fondo, vuoi ancora bene. E questa consapevolezza pesa. Non è il dolore della rottura in sé, ma quello di infliggere una ferita senza cattiveria. È lì che nasce la difficoltà.

Che valore ha l’amore all’interno della tua vita?

È fondamentale. Amo mia moglie, i miei due figli, i miei amici, la mia città, il mio lavoro, la musica. L’amore è la colonna portante di tutto ciò che sono. È ciò che mi spinge a resistere quando vorrei mollare, a cantare quando non ho più voce, a scrivere quando fa male. Senza amore non saprei dare senso a niente, nemmeno al dolore. È la radice e l’orizzonte.

Hai in mente altri progetti per il futuro?

Sì. Ho un album in cantiere dal titolo “L’uomo col cappello” è ancora in divenire: ci sono diversi pezzi già scritti, ma non ancora abbastanza per chiudere un disco intero. Però è un progetto importante, perché segna una svolta nella mia carriera cantautorale. Lo sto costruendo senza fretta, curando ogni dettaglio, dal testo all’arrangiamento, con una consapevolezza e una maturità che prima non avevo — sia per ragioni anagrafiche, sia per tutto ciò che ho vissuto nel frattempo. Parallelamente porto avanti i miei progetti live, sia da solista che in gruppo, in contesti completamente diversi da quello cantautorale. Ma forse è proprio questa la bellezza: potersi muovere nella musica attraversando generi, ruoli, linguaggi. Senza gabbie.


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