Come la prima volta: un cortometraggio per raccontare l’Alzheimer

Volto prevalentemente legato al piccolo schermo fin dal suo debutto nella mini-serie televisiva Le cinque giornate di Milano, datata 1970, l’udinese Luciano Virgilio concede anima e corpo all’anziano Oscar, fotografo che, da sempre, ha cercato di fermare il tempo, i ricordi e i pensieri.

È lui il protagonista di Come la prima volta, cortometraggio attraverso cui, basandosi su una storia vera, la regista Emanuela Mascherini – che negli ultimi tempi abbiamo avuto modo di vedere come attrice, tra l’altro, nel collettivo In bici senza sella – conclude il proprio percorso iniziato con i due precedenti Nerofuori e Offline, in quanto spiega: “In entrambi ho cercato di raccontare delle solitudini che si sfioravano senza realmente incontrarsi mai. Ho raccontato ‘amori fluidi’ o ‘non amori’ molto contemporanei. In questo lavoro ho cercato di lavorare per opposizione, di esplorare un rapporto, una qualità di amore dal sapore antico che travalicasse il tempo e lo spazio, che andasse oltre i limiti della ragione e soprattutto della memoria”.

Perché a complicare l’esistenza di Oscar è l’Alzheimer che arriva a colpire la moglie Beatrice, ovvero la Giusi Merli che vestì i panni della santa proto-Madre Teresa nel sorrentiniano La grande bellezza, rapendo ogni forma di memoria, come pure il digitale, e intrecciandosi con la sua ossessione nei confronti della conservazione dei ricordi.

Quindi, “Mentre un’esistenza arriva al suo tramonto oscurando ogni ricordo e ogni identità, l’altra cerca di tenerla in vita e, se non bastasse, riportarla alla luce anche dopo l’assenza” prosegue la cineasta, che sembra mettere in piedi i circa venti minuti di visione subendo la probabile influenza da Away from her – Lontano da lei di Sarah Polley, che nel 2006 vide Gordon Pinsent nel ruolo di un marito alle prese, appunto, con una Julie Christie ammalatasi di Alzheimer dopo una vita trascorsa insieme.

Circa venti minuti lentamente costruiti privilegiando una triste atmosfera enfatizzata dall’abbondanza di interni resi cupi dalla fotografia di Luigi Martinucci e mirati a raccontare un antico amore destinato a volgere al termine, ma anche a rimanere in vita grazie al ricordo di chi rimane.

Fino ai titoli di coda romanticamente accompagnati da una rielaborazione a cura di Matteo Bonechi ed Emanuele Proietti della sempreverde Il nostro concerto di Umberto Bindi.

 

Francesco Lomuscio