Introduzione
Corrado Coccia, milanese classe 1971, si definisce un “cantautore surreale”, un artista che intreccia musica, poesia e narrazione in un universo unico, fatto di immagini oniriche e storie al confine tra realtà e sogno. Dagli studi al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano all’incontro con maestri come Susanna Parigi e il circo Sterza, fino alla vittoria al Festival di Castrocaro nel 2009, il suo percorso è un viaggio di crescita artistica e personale. Con il suo ultimo album, 3/4 d’amor, in uscita a marzo/aprile 2021, Coccia celebra l’amore attraverso un progetto quasi interamente affidato a donne straordinarie, da Ornella D’Urbano a Claudia Gaetani e Anna Redaelli. In questa intervista esclusiva per Mondospettacolo, Corrado si racconta con sincerità, ripercorrendo il suo cammino, le ispirazioni e i sogni che continuano a guidarlo.

Intervista a Corrado Coccia

Ti definisci un “cantautore surreale”. Quando e come è nata questa tua identità artistica, e in che modo il tuo percorso da giovanissimo, come la composizione del tuo primo brano a 12 anni, ha influenzato questa visione?

La definizione di “cantautore surreale” me la sono incollata da solo, perché ho sempre cercato di raccontare storie al confine della realtà. Ho scritto brani che parlano di orologiai impazziti che trasformano la loro bottega in saloni ottocenteschi dove si balla e dove prendono vita gli orologi, e persino di cappellai matti. Il mio primo brano, composto a 12 anni, lo scrissi pur non sapendo suonare il pianoforte (e ancora oggi è così, perché i pianisti sono fatti in un altro modo), ma con la voglia di emulare i miei riferimenti artistici. Primo fra tutti Claudio Baglioni, che iniziai ad ascoltare da piccolo grazie a mia sorella Orietta.

Gli studi al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e l’incontro con Susanna Parigi, tua “maestra di pensiero”, hanno segnato una svolta. Cosa hai appreso da lei che porti ancora oggi nella tua musica e nel tuo approccio creativo?

Al Conservatorio ho scoperto che la genesi della musica affonda le radici nella musica classica. Chi passa di lì ha sicuramente una cultura musicale solida, o almeno una buona infarinatura che serve per sempre. Forse i jazzisti la penseranno diversamente, ma non si può essere d’accordo con tutti. Con la cantautrice e pianista Susanna Parigi (purtroppo scomparsa di recente), iniziai un percorso basato sull’insegnamento del canto, che presto si trasformò in preziosi momenti di confronto sulla composizione. Ne faccio ancora oggi tesoro.

L’incontro con il circo Sterza sembra essere stato un momento cruciale nella tua carriera. Come ha influenzato il tuo modo di fare musica e il tuo approccio alla narrazione, culminato nell’album Il circo di Mastrillo?

L’incontro con la famiglia Sterza, del Circo Sterza di Brescia, ha segnato profondamente il mio percorso artistico. Da loro ho imparato che la cosa più importante è non prendersi sul serio, ma fare le cose con estrema serietà. Il mio primo album, Il circo di Mastrillo, nacque proprio con la voglia di sdrammatizzare e parodiare i “miti” di allora (che sono poi gli stessi di oggi).

La vittoria al Festival di Castrocaro Terme nel 2009 con Geronimo Mastrillo ti ha portato anche a esibirti negli studi RAI e a entrare nella Nazionale Cantanti. Come hai vissuto queste esperienze e quanto hanno contribuito alla tua crescita artistica?

La vittoria al Festival di Castrocaro Terme e la convocazione nella Nazionale Cantanti mi illusero di essere arrivato. Ma fu una cocente delusione: promesse non mantenute, parole al vento. Anche con la RAI fu così. L’unica cosa bella fu vedere dal vivo gli studi di Chi l’ha visto?.

Hai lavorato con grandi professionisti come Danilo Minotti per il tuo secondo album e con l’orchestra sinfonica di Roma. Come si è evoluto il tuo approccio alla produzione musicale collaborando con figure di questo calibro?

Lavorare con personalità come Danilo Minotti ti arricchisce musicalmente e umanamente. Per realizzare un album con l’orchestra sinfonica di Roma alla Forum Music Village, investii l’intera liquidazione dei miei genitori, che credettero in me più di quanto ci credessi io.

Il tuo quinto album, 3/4 d’amor, in uscita a marzo/aprile 2021, è un progetto che vede una forte presenza femminile, da Ornella D’Urbano a Giovanna Famulari, Eliana Sanna, Claudia Gaetani e Anna Redaelli. Perché hai scelto di affidarti principalmente a artiste donne per questo lavoro, e come hanno contribuito alla sua unicità?

L’album 3/4 d’amor fu scritto e prodotto durante l’emergenza sanitaria. Grazie alla tecnologia, lo realizzai da casa. Scelsi collaboratrici donne perché per la prima volta affrontavo l’amore come tema centrale. E chi meglio di una donna, che ha il dono della vita, poteva comprenderlo a fondo? Così mi affiancarono Ornella D’Urbano, Giovanna Famulari, Eliana Sanna, Claudia Gaetani e Anna Redaelli.

Puoi raccontarci qualcosa in più sul processo creativo dietro 3/4 d’amor? Come si è sviluppata l’idea del disco e in che modo il titolo riflette il suo contenuto o il tuo stato d’animo?

Il titolo 3/4 d’amor nasce dal mio amore per il tempo ternario, appreso al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano: undici brani in 3/4, con l’amore come filo conduttore. Un vero e proprio concept album.

Collaborare con Ornella D’Urbano, pianista di Fabio Concato e protagonista del Pavarotti & Friends, dev’essere stata un’esperienza significativa. Come avete lavorato insieme per dare forma al suono di questo album?

Lavorare con Ornella D’Urbano è stato un sogno: una persona sincera, schietta, che non promette successi irreali ma dice sempre la verità. Con lei è nata un’amicizia sincera e duratura. Ornella entra nel mio mondo musicale per comprenderlo e restituirlo con rara sensibilità.

Il libro omonimo di Claudia Gaetani e la parte grafica curata da Anna Redaelli suggeriscono un progetto multimediale. Come si intrecciano musica, letteratura e arte visiva in 3/4 d’amor?

Claudia Gaetani è una poetessa talentuosa. Una sera, al telefono, nacque casualmente l’idea di creare qualcosa che fosse simile a un compact disc per forma e dimensione, ma che contenesse le nostre poetiche, spesso contrapposte. E proprio in questo stava la bellezza. Anna Redaelli, pittrice e scultrice, aveva già collaborato con me in mostre-concerto. Per questo le chiesi di curare la grafica del disco. Nella copertina si nota una figura appesa al pentagramma con una bombetta in testa: un possibile riferimento a Geronimo Mastrillo?

Nei tuoi testi c’è spesso un mix di introspezione, surrealismo e narrazione. Come nasce una tua canzone? Parti da un’immagine, un’emozione o una storia?

Le mie canzoni nascono da piccoli momenti insignificanti. Non credo a chi dice di andare al mare o in montagna per scrivere: lì si va per ricaricarsi. Io scrivo davanti a un muro bianco. Le emozioni le creo dopo, colorando quel muro con note e parole. Credo che tutte le canzoni siano già state scritte e vivano in cielo. Noi dobbiamo solo portarle giù.

Hai esplorato anche la scrittura letteraria con opere come Con gli occhi di un bambino e Micol e altre storie. Come si differenzia il tuo approccio alla scrittura musicale rispetto a quella letteraria?

Ho anche avuto la “pia illusione” di fare suonare i libri. Amo dare sonorità alle parole, ma probabilmente non mi cimenterò più in queste stravaganze. È stato però divertente.

Il tuo album Santi e disfatti e l’omonimo libro sembrano intrecciare musica e narrazione in modo profondo. Qual è il legame tra questi due mondi nel tuo lavoro creativo?

Penso di aver risposto così anche alla domanda sull’intreccio tra disco e libro Santi e disfatti.

Lavorare con Crotalo Edizioni per 3/4 d’amor rappresenta un nuovo capitolo per te. Come si è sviluppata questa collaborazione e cosa significa per la tua carriera?

Gigi Mazzesi della Crotalo Edizioni Musicali di Ravenna mi è stato presentato da Ornella D’Urbano. È una bellissima scoperta: ex rocker e produttore di valzer romagnoli, innamorato del Coccia cantautore. Il mio percorso con lui sarà all’insegna della chiarezza, dell’amicizia e della musica autentica, lontana dal sistema delle playlist di Spotify. Un ritorno alle cantine, per amore della musica e non del denaro.

Qual è il messaggio o l’emozione che speri di trasmettere al pubblico con 3/4 d’amor? C’è un brano in particolare che rappresenta il cuore del disco?

Il messaggio di 3/4 d’amor è un inno all’amore, un monito per chi non ama. Come disse Nadia Toffa: bisogna vivere senza freni perché la vita è un soffio. Solo un passaggio di consegne. Il brano simbolo del disco è Amore d’inchiostro: una storia d’amore durata cinquant’anni senza mai un incontro, ispirata al romanzo L’amore ai tempi del colera di Gabriel García Márquez. Ho cercato di farne un sunto, in un’epoca dove l’amore finisce su WhatsApp.

Milano, la tua città natale, ha influenzato la tua musica? In che modo il tuo legame con questa città si riflette nel tuo lavoro?

Milano ha influenzato il mio inizio, poi più nulla. Da bambino conobbi Nino Rossi, cantautore dialettale che mi fece scoprire la Milano delle case di ringhiera. Insieme a Baglioni, fu lui a spingermi verso la musica. Oggi, però, Milano mi ricorda troppi momenti infelici, e tendo a evitarla.

Definirti “surreale” implica una visione unica del mondo. Quali sono le ispirazioni, musicali o non, che alimentano questa tua sensibilità artistica?

Con la maturità, il surrealismo è rimasto nelle biografie, forse per affetto verso i miei amici del circo. Il bambino in me ha i capelli brizzolati. Ora racconto storie semplici, con gli occhi di un uomo complicato. Non sono un buon partito, diciamolo.

Dopo anni di carriera, successi e collaborazioni prestigiose, c’è un momento o un’esperienza che consideri il tuo traguardo più significativo, sia a livello personale che artistico?

Parlare di carriera e successi è forse azzardato. Parliamo piuttosto di illusioni, promesse e concerti saltati per scarsa affluenza. È giusto essere onesti: se cerchi “Corrado Coccia” su Google, non esce granché! Ah ah ah. Il momento più significativo? L’incontro con Ornella D’Urbano e Gigi Mazzesi. Anche se tutto dovesse finire, avrò avuto la fortuna di conoscere due persone vere. E questo, forse, mi permetterà in futuro di sedermi ancora qui con te, e ringraziarti per il tempo che mi hai dedicato.

Conclusione
Con 3/4 d’amor, Corrado Coccia si conferma un artista capace di coniugare poesia, musica e arte visiva in un progetto che parla al cuore. La sua sincerità e il suo approccio “surreale” alla vita e alla creatività lo rendono una voce unica nel panorama della musica d’autore italiana. Non resta che attendere l’uscita del suo nuovo album per immergersi in questo viaggio in 3/4, fatto di amore, sogni e storie che sfidano i confini della realtà.



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