Countdown è il titolo dello short che l’americano Justin Dec ha messo in piedi in sole due notti, nel 2016, risparmiando ogni centesimo guadagnato lavorando come assistente alla produzione e che, tre anni più tardi, ha trasformato nell’omonimo lungometraggio.
Lungometraggio che, prodotto, tra gli altri, dal John Rickard che non ha esitato a definirlo un incontro tra The ring e il franchise di Final destination in un app, riprende, effettivamente, dal primo la tematica della maledizione che innesca un conto alla rovescia verso la fine della vita e dal secondo quella della lotta per evitare una morte che sembra essere già scritta dal destino.
Perché, con protagonista la televisiva Elizabeth Lail nei panni di una giovane infermiera, al centro della circa ora e mezza di visione abbiamo una nuova applicazione che, scaricata nel telefono cellulare, prevede l’esatta data di decesso del suo proprietario.
Decesso che poi, effettivamente, si concretizza, con tanto di presenza proto-Uomo nero che si occupa dell’esecuzione e che, testimoniando una certa influenza proveniente, appunto, dal filone horror giapponese, provvede a rendere l’insieme una moderna variante dello slasher movie.
Variante tranquillamente leggibile in qualità di allegoria in film di paura relativa all’ossessione che l’essere umano del terzo millennio nutre nei confronti di smartphone e altri marchingegni portatili di comunicazione e che, oltre alla già citata Lail, tira in ballo la propria sorella minore, un altro predestinato intento a sventare la sua annunciata dipartita, un burbero hacker e un piuttosto bizzarro sacerdote che crede nei demoni, rispettivamente interpretati da Jordan Calloway, Talitha Eliana Bateman, Tom Segura e P.J. Byrne.
Man mano che, al di là di più o meno vaghe reminescenze kruegeriane, la quasi totale assenza di originalità si lascia avvertire fin dall’idea di partenza, non molto distante da quella che fu alla base di Bedevil – Non installarla dei Vang Brothers.
E se da un lato il basso tasso cadaverico e le tutt’altro che fantasiose uccisioni non mancano di far apparire il tutto più fiacco del previsto, dall’altro a complicare ulteriormente le cose è una piuttosto inutile sottotrama riguardante le molestie sessuali attuate sul posto di lavoro da un dottore con il volto del Peter Facinelli della saga Twilight.
La noia, quindi, perfino durante lo scontro conclusivo si fa non poche volte sentire in Countdown, capace di soddisfare, forse, soltanto dagli spettatori totalmente profani del genere caro a Dracula e Michael Myers.
Francesco Lomuscio
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