Dado, all’anagrafe Gabriele Pellegrini, è uno dei volti più amati della comicità italiana. Con il suo stile inconfondibile, fatto di canzoni storpiate, battute fulminanti e un’ironia pungente, ha conquistato teatri, programmi televisivi e migliaia di fan.
La tua prima band si chiamava “Dado e le Pastine in Brothers”, si è formata ai tempi del liceo e avete suonato in numerosi locali romani. Come ricordi quei tempi?
Sentivo che la scuola mi stava impedendo di realizzarmi artisticamente. Così, cavalcai quell’urgenza di espressione creando un gruppo musicale. C’era chi andava in chiesa, chi a calcetto, chi a nuoto, chi si faceva le canne… io ho fondato “Dado e le Pastine in Brothers”! Facevamo le prove nel salotto di casa mia, fino a quando mia madre preparava da mangiare per tutti. Sono state giornate meravigliose che non torneranno più, ma è giusto che restino dei magnifici ricordi.
Nel 1999, durante “Roma Estate”, sei entrato nel Guinness dei Primati con un brano di venticinque ore e un minuto, superando il record di “Cara ti amo” di Elio e le Storie Tese. Come ti è venuta questa folle idea? In che modo hai resistito alla stanchezza?
Con il direttore artistico della manifestazione, Guido Bellachioma, avevamo pensato di fare una finta occupazione dello stadio del tennis, come si faceva a scuola. Però sarebbe stata fine a sé stessa, così l’abbiamo trasformata in un’impresa da Guinness. Abbiamo occupato lo stadio, ma con un fine più alto: entrare nella storia! Haha! La canzone più lunga del mondo aveva un format semplice: noi suonavamo e cantavamo, e il pubblico ci forniva il testo. Nel 1999 non c’erano i social, quindi le persone venivano davanti al palco a portare di tutto: patenti, liste della spesa, biglietti da visita, poesie, libretti di circolazione, etichette dei vestiti. È stato un grandissimo sforzo di condivisione. L’adrenalina ci ha tenuti svegli; i giorni successivi ho dormito ininterrottamente! Hai portato il tuo stile unico di comicità dalla musica ai palchi televisivi in trasmissioni come Zelig, Seven Show, I Raccomandati, Colorado, I Migliori Anni e Made in Sud. Qual è l’esperienza televisiva che ricordi con più affetto e perché?
Zelig è un programma che ha fatto la storia della tv italiana. Quando andavo in onda, c’erano punte di 16 milioni di spettatori. Ogni puntata del 2004, 2005 e 2006, le edizioni a cui ho partecipato, era come aver vinto i Mondiali di calcio. Non nascondo che spesso mi sono sentito come Tardelli nell’82! La storia di Zelig dimostra che c’è un posto in Italia dove il linguaggio comico è l’unico codice di comunicazione. Oggi sono un “senatore”, ho la barba bianca, ma negli occhi ho la stessa luce dei giovani comici che calcano quel palco! Ti capita mai di autocensurarti?
Certo, mi autocensuro tutti i giorni. I tabù vanno infranti solo quando c’è un contesto storico rilevante che lo giustifichi. Altrimenti sarebbe troppo facile, e la scrittura comica diventerebbe un crocevia anarchico dove tutto è lecito. Meglio avere dei limiti riconosciuti e rispettati da tutti, per permettere a chi sa farlo meglio di salire su un palco davanti a un pubblico pagante, in grado di apprezzare la satira senza censura.
Pensi che oggi si possa fare ancora satira liberamente?
La satira è una reazione naturale alle regole della formalità borghese, ma va lasciata a chi la sa fare. Non è detto che possa essere fatta sempre e comunque da tutti. Anzi, secondo me c’è un vuoto culturale: non viene insegnata a scuola, forse proprio perché non esistono professori di satira! Peccato, perché è una forma comunicativa essenziale che mette in equilibrio il mondo.
Hai mai ricevuto un “no” che ti ha fatto crescere?
Le ragazze che corteggiavo da giovane mi hanno sempre detto di no, e io mi sono buttato sul teatro! Quando ho iniziato, pensavo che la strada del successo dipendesse dagli agenti. Andai da uno dei più potenti, ma non mi fece neanche parlare. Mi disse: “Ho già capito… Funziona così: tu prima diventi famoso, poi vieni da me e io te faccio fa’ i sordi!”. Non dico chi fosse, ma l’accento era romano!
Cosa ti fa ridere oggi?
Alcuni video virali sul web. Mentre scrollo, ogni tanto vedo clip di gente che cade, sbatte, scivola, e mi rendo conto che la buccia di banana è sempre più attuale!
Vista la tua intensa attività teatrale, recentemente anche in Germania, come fai a conciliare la tua vita privata con il lavoro?
Non ho vita privata! A differenza degli impiegati dell’Agenzia delle Entrate, che staccano e vanno a spendere lo stipendio dove capita, io lavoro sempre. Ogni cosa che faccio è un suggerimento o un esercizio per il linguaggio comico. Quindi, sarebbe giusto che mi scaricassi dalle tasse pure l’aria che respiro! Hai un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
Diventare professore di satira all’università.
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