DELGA: contro la società fluo…

Esordio certamente ma anche decisamente consapevole per essere un’opera prima. Questo sta a significare quanto ormai alle prime cose si giunge con una esperienza già misurata e questo accade anche nella vita di Antonio Michelangelo Del Gaudio in arte DELGA che ha già tanto nel suo cassetto… tanto che ora sente come ragione di vita scrivere un disco come “Super Fluo”, spietata, irriverente e laconica critica alla società dei consumi (e non solo) che passa da quel gusto indie rock figlio del pop, figlio del glam digitale, figlio del rap metropolitano. Mescola tutto e la bellezza del risultato significa anche un certo modo di pensare alla vita…

Noi iniziamo sempre parlando di bellezza, andiamo oltre al concetto meramente estetico. E questo disco è attentissimo alla bellezza. Per te cosa significa questa parola?
Così, preso in maniera decontestualizzata, il termine “bellezza” suscita in me una sensazione effimera, quasi beffarda. Vedo la bellezza come una pericolosa chimera alimentata dalla suggestione della cultura popolare. E soprattutto, ho la sensazione che ognuno di noi associ la bellezza alla felicità, ed è controproducente la ricerca ossessiva di esse. Il trucco è pensare che già solo il fatto di essere nati è bellissimo. Tutto il resto è un extra.

E il glam rock di questo colore acceso, del tuo vestire, del suono pop che muovi… come la ricerchi dunque la bellezza?
Sarò brutalmente sincero: non ho mai pensato alla nozione generale di “bellezza” in questo disco, non mi è venuto in mente nemmeno una volta, eppure mi fa piacere che questo lavoro venga accostato a tale concetto. Ciò a cui ho prestato più attenzione è piuttosto l’autenticità, la voglia di rendere vivi dei sentimenti rozzi esprimendoli in una forma dolce.

Contenuto ed estetica. Il punto chiave di tantissima e stereotipata tecnica artistica di oggi. Il tuo punto di equilibrio? Come convivi dentro questi due estremi?
Puoi aver inventato una barzelletta potenzialmente divertentissima, ma se la racconti male nessuno riderà. L’estetica è nobile quanto il contenuto, e questo disco è una persona triste piena di cose da dire che si mette in tiro per andare a cena fuori e non pensarci.

E dal vivo questo esordio discografico che maschera indossa?
Probabilmente una maschera molto bagnata all’interno a causa del sudore. È difficile farsi largo in un ambiente saturo di frivolezza e incompetenza, bisogna sgomitare e continuare a lavorare alacremente. Una volta soddisfatti e consapevoli del lavoro che si è svolto, non cambia nulla. All’esterno potrà anche cambiare, ma dentro la maschera sarà sempre sudata.

E levando le maschere, quanto c’è di autobiografico in “Super Fluo”?
Tutte le canzoni di questo disco sono inevitabilmente autobiografiche, perché Super Fluo è il mio personale modo di dimostrare che nessuno di noi è superfuo, e ognuno di noi ha un’esperienza unica, pur essendo vivo per puro caso. Siamo dei parassiti, tanto vale creare arte per arricchire lo spirito.