Sul palco, Gea non si limita a eseguire canzoni: crea un’esperienza sensoriale e collettiva. Con brani tratti dal nuovo EP “Eternal Mirror” e improvvisazioni nate in tempo reale, ogni data del tour diventa un invito a riflettere, emozionarsi e riscoprirsi, senza limiti né definizioni.

Un caro saluto a te, Gea. Vorresti parlare delle esibizioni del tuo
“Diversa Tour”? Cosa ti è rimasto nel cuore?
Il “Diversa Tour” è stato un labirinto di avventure. Non è stato solo salire su un palco e cantare… ma creare, ogni volta, un piccolo mondo insieme a chi era lì.
È stato un tour turbolento, in cui in diverse occasioni ho dovuto cantare di “giustizia” di
fronte alle difficoltà e alle mortificazioni di questo ambiente, ma, come sempre, ne sono uscita a testa alta e con tanta musica impattante.
Porto nel cuore gli sguardi, le mani che si alzavano per regalarmi una parola da cui improvvisare una canzone, il pubblico straniero che ha acquistato il merch ufficiale, la voglia di stare dentro quell’attimo senza difese, ma con il desiderio di proteggere gli altri dal disordine.
È stato un percorso di libertà, ma anche di fiducia: ogni tappa è stata diversa, perché diverso è stato il dibattito musicale collettivo che nasceva in quel momento.
E questa autenticità me la porterò sempre dentro.
Da dove nasce la tua passione per la musica?
È qualcosa che sento da sempre, prima ancora di capirla. Quando ero bambina, la musica era il mio rifugio, il mio modo per esprimere quello che a parole non riuscivo ad esprimere, ma che con una melodia aveva senso dire. Ho conosciuto il ritmo attraverso la tradizione folkloristica dei cortei storici medievali della mia terra e da lì, è stata una montagna russa di sperimentazioni, studio di diversi strumenti per poi innamorarmi della batteria e delle percussioni. Successivamente ho iniziato a suonare da autodidatta la chitarra classica polverosa che avevo a casa, che col tempo, si è rivelata lo scettro magico più potente che abbia mai suonato.
Cosa ti aspetti dalle prossime performance?
Mi aspetto verità e magia. Vorrei che ogni concerto fosse ancora un incontro vero, un luogo dove le emozioni non abbiano paura di mostrarsi. Spero che ci sia ancora quella scintilla di sorpresa, quel momento in cui il tempo sembra fermarsi perché tutti stiamo vivendo la stessa emozione, anche se in modi diversi. Mi aspetto semplicemente di continuare a costruire, insieme a chi vorrà esserci, questi riti di umanità.
Hai intenzione di riproporre qualcosa del genere, in futuro?
Sì, assolutamente, ma sarà diverso. Il “Diversa Tour” è stato solo il primo passo di qualcosa che sento ancora in pieno movimento dentro di me. Mi piacerebbe portare avanti questo modo di stare sul palco: senza barriere. Vorrei continuare a creare spazi dove la musica, le parole, l’arte visiva possano incontrarsi e reinventarsi ogni volta. E soprattutto…dove chi ascolta non sia solo spettatore, ma parte viva di ciò che accade.
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