È un suono antico mantecato al moderno, dove regna l’anacronismo dei riti vocali e impera la poetica della ristrutturazione, della ricerca, del semplice incontro. E di incontro si nutre questo nuovo lavoro di Beppe Dettori e Raoul Moretti, cantante chitarrista il primo, arpista e sperimentatore il secondo. E di questo “Animas” noi sottolineiamo ovviamente la bellezza in senso alto, dentro strutture “non conformi” alle “regole”, con il prezioso contributo di voci altre, da Paolo Fresu a Franco Mussida e tantissimi ancora… e poi la leggerezza di ogni traccia che sembra provenire dentro le concavità dello spirito umano, dove è vero che regna l’oscurità troppo spesso, ma è il dove si semina la luce nascente. Ed è di luce nascente che si fa grande questo disco… che poi al nostro primo ascolto è sembrata una interminabile preghiera laica alla vita.

Ritroviamo il duo di “(In)Canto Rituale”. E se la volta scorsa abbiamo iniziato chiedendovi di bellezza, questa giro ci viene da pensare: è cambiato il vostro concetto di bellezza? Come lo vivete soprattutto oggi che la pandemia ha messo a dura prova ogni cosa…?
DETTORI: No non è cambiato, o almeno mi sembra così. Ma cambia il mondo, la società e gli individui. La bellezza ama essere riconosciuta, anche quella oggettiva. La pandemia può prenderci la libertà e le nostre vite, ma non la bellezza. Quella è ovunque, bisogna riconoscerla e accoglierla.
MORETTI: Continuiamo a nutrirci di bellezza. Per noi per esempio in questo periodo la bellezza è stata aver potuto lavorare insieme approfonditamente a questo progetto, alimentare il processo creativo in un momento in cui tutta l’attività era bloccata è stato un rifugio di bellezza, e da quel luogo che ci ha preservato abbiamo lanciato il nostro messaggio di speranza, di rinnovamento, di cambiamento.
Ecco che le nuove abitudini sociali sembrano aver ispirato anche l’uomo protagonista di queste scritture. In che modo l’attualità è rientrata nel disco?
DETTORI: Una grande voglia di speranza, di ripartire con ottimismo nonostante l’agghiacciante oscurità. Rivitalizzare i tessuti morti non si può, a parte il Dr Frankestein, ma le nostre anime si. Con questa visione ci siamo immersi nelle liriche e nelle linee melodiche e armoniche.
MORETTI: È stato tempo di contemplazione, di inquietudini, di riflessione, di rigenerazione e da questo periodo nonostante anche gli smarrimenti che cantiamo abbiamo permeato il lavoro di un messaggio di speranza e rinascita. Parlando dell’animo umano in ogni caso parli anche di concetti universali che vanno oltre il momento storico ed i luoghi geografici.
Che sia questo disco il vero moto di speranza o la vostra chiave di resistenza?
DETTORI: Entrambe, facendo il tifo per la Speranza, il sogno e la visione. Troppo difficile resistere senza sperare di vedere la luce dopo il buio.
MORETTI: Esatto, come dicevamo è stato il rifugio creativo in cui resistere e far partire un moto di speranza, che ora vogliamo ci porti nuovamente sui palchi.
Dopo “S’incantu ‘e sas cordas” avete continuato in questa direzione. Col senno di poi, sentite d’averla sviluppata, ampliata, sentite d’averne curato dei punti deboli… o l’avete semplicemente lasciata libera di suonare?
DETTORI: In un certo senso c’è stata un’evoluzione per la diversa tipologia di metodo di lavoro. Nei precedenti 2 album abbiamo registrato live, il primo in un teatro e il secondo in uno studio di registrazione dove oggi si è realizzato Animas. Lo studio è il Tangerine studio recording di Ottava vicino Sassari. In un luogo con un nome così musicale non potevamo che sentirci a casa. A parte gli scherzi, Federico Canu, musicista e tecnico del suono e grande amico fraterno, ci ha accolto così bene che si è lavorato in totale relax e con la testa libera da lockdown e divieti, pur avendo rispettato tutte le regole, tamponi, mascherine e igienizzanti per le mani. L’abbiamo pensata e ponderata, ma anche lasciata libera di suonare e fatto in modo che gli ospiti si trovassero a loro agio nell’affrontare i brani.
MORETTI: Sì, in questa trilogia in tre anni si è sviluppato un percorso , che ha come cardine comunque il suono caratteristico che abbiamo costruito, insieme al giocare con le strutture, il creare ponti tra culture, l’usare più lingue, e mettere in dialogo tradizione e sperimentazione. Animas è un passo ulteriore: prima di tutto sono tutti brani originali, tranne la ri-lettura del brano di Peter Gabriel; in secondo luogo abbiamo fatto un lavoro meticoloso di arrangiamento, curato quindi questo aspetto, su una base che manteneva una freschezza di registrazione in presa diretta (che contraddistingueva invece i lavori precedenti), alternando sovra incisioni di parti a momenti lasciati liberi di fluire; infine, abbiamo accolto nel nostro viaggio tantissimi strepitosi artisti ad impreziosire con tante gemme il nostro lavoro.
A chiusa, noi che parliamo sempre di estetica e voi che sempre sembrate prenderne distanze, parliamo di questa copertina rosa… un colore che sicuramente somiglia al suono… siete metaforicamente voi queste due barche?
DETTORI: Mi sento molto fortunato. Non solo perché sono nato in un’isola così meravigliosa quanto misteriosa, la Sardegna. Rosa è un bel colore ma non è propriamente rosa, è più tramonto infuocato, il rosso col cielo che infiammandosi diventa indaco. Forse, se dovessi dare un colore all’anima gli darei questo colore, così pieno di significato e mescolanza, un pò come è la nostra musica, così poco verso le mode e tendenze pur riconoscendo, nella tendenza, un valore sociologico importantissimo. Vedere i tuoi figli crescere e insegnarti le nuove tendenze social, oggi è una fatica risparmiata in approfondimenti di trend che ti vengono suggeriti da loro, adolescenti rompiscatole, ma pieni di vita e curiosità.
Mi piace che mi chiedi se le due barche siamo noi. Potrebbe essere. Come può essere, invece, anche la dualità della vita. Due entità nello spazio tranquillo e rosa, anzi, indaco, dell’immenso spazio, da dove emergono le Anime. Animas appunto. Il suono è vibrazione, porta e conduce informazioni invisibili ma percettibili al nostro io profondo e vibratorio, se crediamo che Tutto, L’universo e ogni cosa sia vibrazionale, secondo la filosofia dei Monaci Gyuto del Tibet. Almeno, io sento così e mi piace molto poterlo dire qui e cantare nei dischi e negli spettacoli. Per questo e soprattutto mi sento fortunato.
MORETTI: In questa immagine del fotografo Andrea Puxeddu ci siamo fortemente ritrovati: sì, metaforicamente siamo noi due , convergenti con la prua che guarda la ri-partenza in un momento di sospensione e contemplazione data dal mare fermo e dal colore etereo del cielo, le nubi non si sono diradate, fanno parte della vita, ma il messaggio è di speranza.
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