Non è solo un brano rock: è una presa di posizione, un grido che scuote l’anima. I Bounced Back raccontano il bisogno di autenticità in un mondo che spinge all’adattamento. Un’intervista che scava nei significati nascosti di un singolo urgente, viscerale, nato per fare rumore dentro.

Ciao, ragazzi. Da dove nasce l’ispirazione per il nuovo singolo “Disclose”?
Ciao a tutti, “Disclose” nasce dall’esigenza di trasvalutare il codice morale che guida la nostra società. Viviamo immersi in una cultura profondamente individualista, ma ne subiamo le conseguenze più tossiche: l’individualismo viene spesso vissuto come egoismo, come pensare a se stessi a discapito degli altri. Eppure, non dovrebbe essere così.
La canzone mette in discussione proprio questa distorsione: se ogni individuo fosse guidato da principi autentici e consapevoli, allora tante individualità sane darebbero vita a una comunità solidale, dove l’egoismo si trasformerebbe in altruismo attivo, fare bene a se stessi diventa un modo per fare bene anche agli altri.
Ma oggi, in una società che è sì individualista ma anche separatista, persino i gesti altruistici vengono percepiti come egoistici: aiutare qualcuno viene visto come un mezzo per sentirsi migliori, per appagare il proprio ego.
Il testo di Disclose vuole rompere questa ambiguità. È una provocazione, certo, ma anche una dichiarazione di resistenza morale e identitaria. Denuncia quanto sia facile conformarsi per sentirsi accettati, ma avverte che la vera disfatta non è il rifiuto del sistema: è scegliere chi sei seguendo principi superficiali, dettati da influenze esterne e ambientali. La vera identità non nasce nell’adattamento, ma nella ricerca, una ricerca che spesso passa attraverso la sofferenza, la solitudine (che può essere una cosa necessaria e positiva) e la capacità di rinunciare a legami che non ci rispecchiano, per potersi circondare di persone e valori autentici. Alla fine anche i Bounced Back hanno seguito questo percorso, una band che ha rinunciato a tanto, ha perso pezzi per strada, ha sofferto, allo scopo di ritrovare la propria vera identità musicale. Solo attraversando queste esperienze si può davvero scoprire chi si è, e non chi ci hanno detto di essere.
Quali sono state le vostre principali influenze musicali?
Le nostre influenze spaziano tra il grunge e l’hard-rock più viscerale, il nu-metal degli anni 2000 e il post-hardcore contemporaneo. Band come Deftones, Alice in Chains, e i primi Tool ci hanno insegnato ad usare il suono come forza emotiva. Ma amiamo anche artisti più recenti che uniscono impatto sonoro e introspezione. Quello che cerchiamo è sempre un linguaggio musicale crudo, diretto, ma con un’anima pensante (spesso riportata nei testi).
Il vostro brano è una critica sociale che spinge verso il cambiamento? Quali sono, secondo voi, i modi per ribellarsi?
Assolutamente sì. Ma non è una canzone che pretende di insegnare, è più un’esplosione interiore. La ribellione di Disclose è prima di tutto mentale e personale: smettere di recitare, smettere di accettare ruoli imposti, anche nei rapporti affettivi. Ribellarsi oggi vuol dire non adattarsi a ciò che ti annulla, rifiutare quel linguaggio del potere che ti fa credere che sentirti inadatto sia colpa tua. Anche solo dire “no” con coerenza, senza urlare e senza clamore, può essere rivoluzionario.
Noi cerchiamo di farlo anche attraverso la musica stessa. Ogni volta che componiamo ci chiediamo se quello che stiamo creando rispecchi davvero noi o se sia semplicemente ciò che la gente si aspetta di ascoltare. C’è un confine sottile ma importante tra esprimersi e ripetere uno schema. In un panorama dove tutto è già stato inventato, trovare una voce originale è difficile. Ogni suono, ogni riferimento, può influenzare e in parte plasmare la tua identità musicale.
Per noi ribellarsi vuol dire proprio questo: cercare la propria strada anche musicalmente, senza lasciarsi guidare solo dal consenso esterno. Guardare al mondo esterno può essere utile, certo, ma senza diventarne schiavi e senza cercare approvazione a ogni costo. È un atto di equilibrio e sincerità. È lì che nasce la vera identità, ed è anche lì che nasce il nostro modo di fare musica.
Avete in mente qualche progetto per il futuro?
Stiamo lavorando a nuove tracce e a un concept più ampio che esplorerà proprio questi temi: l’identità, la pressione sociale, la manipolazione emotiva. L’obiettivo è portare questa energia sul palco con un live che sia più di un concerto, un impatto. Vogliamo che la gente esca dai nostri show scossa, ma anche un po’ più sveglia.
Sicuramente vogliamo portare tutto questo anche fuori dall’Italia. Più persone riusciamo a raggiungere con questa energia, più ha senso farlo. Il messaggio non ha confini, e se la musica riesce a toccare anche solo una coscienza in più, allora vale la pena spingersi ovunque si possa arrivare.
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