Disponibile su RaiPlay I magliari di Francesco Rosi, con Alberto Sordi e Renato Salvatori

Disponibile su RaiPlay I magliari, un film del 1959 diretto da Francesco Rosi. Il film è stato girato interamente in Germania, tra Hannover e Amburgo. La produzione visitò i luoghi frequentati da veri magliari e si avvalse della loro collaborazione, da cui gli attori presero spunti. Il film è stato restaurato nel 2009 dalla Cineteca di Bologna e dal Museo Nazionale del Cinema di Torino. Il restauro è stato effettuato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna, a partire dai negativi originali depositati dalla casa di produzione Titanus presso la Cineteca stessa. La versione restaurata è stata presentata in anteprima il 10 Settembre 2009 alla 66ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico, Francesco Rosi e Giuseppe Patroni Griffi, con la fotografia Gianni Di Venanzo (Nastro d’Argento nel 1960), il montaggio di Mario Serandrei e le musiche di Piero Piccioni, I magliari è interpretato da Alberto Sordi, Belinda Lee, Renato Salvatori, Aldo Giuffré, Nino Vingelli, Aldo Bufi Landi.

Trama
Mario è un operaio italiano che ha lasciato la città di Hannover, dove ha tentato invano di trovare fortuna, e sta per tornare in Italia. Un giorno incontra casualmente Totò, un astuto truffatore romano che traffica in stoffe, che lo convince a restare. I due cominciano a lavorare insieme, poi Mario entra al servizio di Raffaele, un intraprendente napoletano che, per mezzo di un gruppo di magliari, ha organizzato su vasta scala un traffico di tessuti falsi.

«Adesso quel film è rivalutato, allora non convinse troppo. Tutti aspettavano da me un film come La sfida, mentre io avevo preso Sordi, che in quel ruolo è formidabile. La chiave comica non se l’aspettava nessuno. Sordi aveva colto magnificamente sia l’aspetto umoristico sia quello drammatico del magliaro.» (Francesco Rosi)

I magliari è un film importante del cinema italiano, una commedia neorealista dai risvolti drammatici che racconta la dura vita degli emigranti in Germania, l’arte di arrangiarsi, il contrasto tra lavoratori onesti e truffatori. Il film è interamente girato in Germania, tra Hannover e Amburgo, fotografato in un livido bianco e nero dal grande Gianni Di Venanzio, ben musicato da Piero Piccioni, che mescola alcuni pezzi d’epoca, e girato senza sbavature da Francesco Rosi. Soggetto e sceneggiatura sono appassionanti: Suso Cecchi D’Amico e Giuseppe Patroni Griffi scrivono una storia di denuncia sociale, per niente retorica, ricca di elementi sentimentali e comici. Francesco Rosi è bravo a mettere il dito nella piaga dell’emigrazione italiana in Germania e a farlo con leggerezza. Ottime le sequenze nelle baracche degli operai, nella pizzeria napoletana, tra compaesani che si ritrovano.

Notevole la stigmatizzazione dei due caratteri: Renato Salvatori è l’operaio che vorrebbe guadagnare onestamente il suo denaro, Alberto Sordi è il truffatore di piccolo calibro, meschino, senza scrupoli, che vive di espedienti. Le truffe organizzate da Sordi sono la parte comica della pellicola, mentre Salvatori si ritaglia uno spaccato romantico con la collaborazione di Belinda Lee. La bella attrice britannica è una promessa non mantenuta del cinema, perché morirà due anni dopo in un incidente automobilistico in California. Gualtiero Jacopetti (il suo compagno alla guida dell’auto) le dedicherà il film La donna nel mondo (1963).

Per la sua opera seconda, Rosi riprende i temi de La sfida (la lotta, all’interno di un’organizzazione semi-illegale, tra il vecchio boss e il nuovo arrivato), concedendo però maggior spazio al percorso antitetico dei due protagonisti: il rassegnato Mario, che in extremis capisce come i continui compromessi etici finirebbero per perderlo, e l’amorale Totonno, che nel trionfo della sua arte d’arrangiarsi mette in campo l’egoismo tipico di un’italianità che sopravvive ai limiti della legalità. Strabordante e buffonesco, Sordi sbilancia l’equilibrio del film, catturando la scena con la sua abilità istrionica (indimenticabile il soliloquio conclusivo, quando nasconde a se stesso la sconfitta e si immagina in nuove avventure): ma al contempo vivifica una vicenda che rischiava di scivolare nel letterario, con Salvatori immigrato buono che si lascia corrompere e la Lee nevrotica donna del miracolo economico, insoddisfatta di pellicce e gioielli.

 

 

Luca Biscontini