Disponibile su RaiPlay Il fiore delle Mille e una notte di Pier Paolo Pasolini

Disponibile su RaiPlay Il fiore delle Mille e una notte, un film del 1974 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, tratto dall’omonima opera. È il terzo e conclusivo capitolo della cosiddetta “Trilogia della vita”, dopo Il Decameron (1971) e I racconti di Canterbury (1972). Il film ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria al 27º Festival di Cannes. Curiosamente, a questo film, benché fosse stato denunciato sin dalla sua prima proiezione in pubblico per oscenità, furono risparmiate le peripezie giudiziarie degli altri. Il 5 Agosto 1974, la denuncia per oscenità contro Il fiore delle mille e una notte è archivata dalla Procura di Milano. Scritto e sceneggiato da Pier Paolo Pasolini, con la fotografia di Giuseppe Ruzzolini, il montaggio di Nino Baragli e Tatiana Casini Morigi, le scenografie di Dante Ferretti e le musiche di Ennio Morricone, Il fiore delle mille e una notte è interpretato da Ninetto Davoli, Franco Citti, Tessa Bouché, Franco Merli, Ines Pellegrini, Margareth Clémenti, Claudia Rocchi, Alberto Argentino.

Trama
Seguendo l’architettura della raccolta di racconti orientali, organizzata nella forma attuale attorno al 1400, lo sviluppo narrativo de Il fiore delle mille e una notte procede secondo una struttura a incastro. Il tema del viaggio di Nur ed-Din alla ricerca dell’amata schiava Zumurrud che gli è stata rapita ne costituisce il filo conduttore. A esso, nella forma di brevi apologhi o di racconti più strutturati, s’intrecciano, in una sottile trama, sogni e racconti di amori felici o tragici, a costituire un unico luminoso arazzo, in cui le singole storie si fondono in un armonioso canto alla vita e all’amore.

«La verità non è in un solo sogno, ma in molti sogni».
(Frase iniziale tratta da un passo de Le mille e una notte)

Il fiore delle mille e una notte è una sorta di affresco di un mondo, passato e presente – quel Terzo Mondo dal quale il regista, da qualche anno, si sentiva particolarmente affascinato e attratto – attraversato da un grande senso di serenità e di sensualità mai presente prima, in questo modo, nei film di Pasolini. Egli mette in scena, dunque, il suo sogno, la sua idealizzazione e mitizzazione del Terzo Mondo. In tal modo, il sesso viene liberato dagli aspetti legati al reciproco possesso, alla prevaricazione, al predominio. Vi è pienamente realizzata una libertà sessuale che è anche simbolo di purezza dei sentimenti, che fa sì che il sesso non appaia mai né morboso né osceno, ma rappresenti invece un dono reciproco, innocente e delicato, soprattutto libero da inibizioni e sovrastrutture culturali. La sceneggiatura è costruita su una struttura molto rigida, divisa in tre atti (Primo tempo, Intermezzo, Secondo tempo), ognuno dei quali a sua volta diviso in quattro parti, con la presenza forte della cornice come elemento di raccordo e omogeneizzazione fra i racconti scelti da Pasolini fra Le mille e una notte. Lo stesso materiale narrativo è presentato invece nel film in una forma rapsodica, continua, fluida.

Pasolini esprime con Il fiore delle mille e una notte un cinema di “pura poesia delle immagini”, riuscendo a trovare un sereno equilibrio tra alcune componenti essenziali già presenti nei suoi film precedenti, particolarmente in Edipo re e in Medea: il richiamo prepotente alla sessualità e la grandiosa maestosità dei paesaggi, ricchi di valenze pittoriche e di un acuto, sensibilissimo senso artistico. Il regista fa doppiare i suoi personaggi con marcati dialetti del Sud Italia che si adattano alla perfezione ai volti straordinari delle persone del luogo che Pasolini sceglie, come sempre, “dalla strada”. Ancora una volta, Ennio Morricone è il curatore delle musiche nel film. L’Etiopia, la Persia, lo Yemen, l’India, il Nepal forniscono gli incredibili scenari, di antica bellezza, al film e concorrono a descrivere un mondo di sogni e di emozioni che è anche la rappresentazione dolce e fascinosa di ciò che per Pasolini è il Terzo Mondo.

Dirà del film il suo stesso autore: «Ogni racconto de Le mille e una notte comincia con una “apparizione” del destino, che si manifesta attraverso un’anomalia. Ora, non c’è un’anomalia che non ne produca un’altra. E così nasce una catena di anomalie. Più tale catena è logica, serrata, essenziale, più il racconto de Le mille e una notte è bello (cioè vitale, esaltante). La catena delle anomalie tende sempre a ritornare alla normalità. La fine di ogni racconto de Le Mille e una notte consiste in una “disparizione” del destino, che si insacca nella felice sonnolenza della vita quotidiana. Ciò che mi ha ispirato dunque nel film è vedere il Destino alacremente all’opera, intento a sfasare la realtà: non verso il surrealismo e la magia (di ciò si hanno rare e essenziali tracce nel mio film), ma verso l’irragionevolezza rivelatrice della vita, che solo se esaminata come “sogno” o “visione” appare come significativa. Ho fatto perciò un film realistico, pieno di polvere e di facce povere. Ma ho fatto anche un film visionario, in cui i personaggi sono “rapiti” e costretti a un’ansia conoscitiva involontaria, il cui oggetto sono gli avvenimenti che gli accadono».

 

Luca Biscontini